Pubblichiamo l’intervento scritto da Silvio Valdevit Lovriha per il 25 Aprile, per ricordare Ligio Zanini, importante poeta istriano che ha lottato strenuamente per la libertà. Dentro uno scenario storico del quale si parla tanto anche ai nostri giorni, quasi un secolo dopo. Per l’occasione, il nostro autore ha avuto la fortuna di parlare con la figlia del poeta Ligio, Biancastella, già giornalista della Rai regionale di Trieste.
“Intendo celebrare quest’ anno in modo particolare, tratteggiando, per quanto possibile, la vicenda umana di Ligio Zanini ( n. 1927 in Istria a Rovigno- m. 1993 a Pola ), maestro elementare e massimo poeta istriano.
Ligio Zanini
Quando negli anni trenta Zanini frequentava le scuole elementari, a Rovigno, cittadina di straordinaria bellezza, cominciavano ad aggirarsi per le calli lugubri caporioni fascisti, manganellatori ben conosciuti, volutamente arroganti e prepotenti, perché fosse ben chiaro che erano finiti i tempi dell’Austria tollerante, rispettosa delle minoranze linguistiche italiane, slovene, croate. Racconta Zanini che a scuola venivano dettati problemi come questo: “Il balilla Luigi possiede nove figurine del nostro amato Duce; il suo camerata Scipio ne ha tre volte di più ed il camerata Cino il doppio di quelle di Scipio. Domanda: quante figurine del Duce, che è la nostra Luce, possiedono assieme i tre balilla? “. I maestri e anche i preti democratici e antifascisti erano stati estromessi, sostituiti da persone fidate del regime, assegnati a posti anche di alta responsabilità, pur se ignoranti al massimo. Il padre di Ligio, Sandro Zanini, dovette chiudere la sua bottega di esperto mastro carpentiere per essersi rifiutato di indossare la camicia nera. Fu costretto a vivere in baracche di periferia, a fare grandi sacrifici per mantenere la famiglia. Altri erano stati costretti a cambiare addirittura il cognome, a italianizzarlo, ad esempio Morelli al posto dell’originario Ukmar. Erano i tempi in cui spadroneggiavano gli “ustascia”, fascisti croati, i quali si macchiarono di brutalità alla pari di quelle dei nazisti. Molto significativo che il nonno di Ligio, mentre da antifascista auspicava la sconfitta del regime fascista e degli invasori tedeschi, contemporaneamente manifestava al nipote le sue preoccupazioni per il dopo, per la politica accentratrice, non democratica di Tito. Riteneva che, in luogo degli interessi popolari, sarebbero stati privilegiati gli interessi di pochi, della ristretta cerchia dei politici, smaniosi del potere, “bramosi solo delle sedie”, come diceva il nonno. Il nostro Ligio Zanini purtroppo sperimentò sulla propria pelle quanto avesse visto giusto il suo avo! Nel 1949, al guastarsi del rapporto tra Tito e Stalin, Ligio respinse le pressanti richieste politiche di schierarsi per Tito, rivendicando il diritto di essere un libero cittadino, di poter pensare con la propria testa. Lui, che era rimasto sulla propria terra, pur stravolto dal grande dramma degli esuli che scappavano per rifugiarsi in Italia, venne così arrestato e confinato nella tremenda isola Goli Otok – Isola Calva, solo pietre, riarsa dal sole. A ventidue anni venne quindi forzatamente separato dalla amata moglie Bianca, che era in attesa di una nuova creatura. Fu costretto, come tanti altri, compresi gli operai comunisti di Monfalcone accorsi a suo tempo a combattere con i partigiani jugoslavi, a spostare senza senso per mesi inutili pesanti massi di roccia, mal nutrito, ridotto a pelle e ossa, stremato e senza forze, senza avere notizia dei propri familiari. Ritornò a casa, miracolosamente salvo, solo nel 1952, dopo quattro anni di brutale prigionia. Pur persona molto acculturata, dovette accontentarsi di lavori precari, prima di poter di nuovo tornare a fare il suo mestiere di maestro di scuola e di laurearsi in Pedagogia nel 1979. Dopo anni di inaudite tribolazioni finalmente poté soddisfare le sue due grandi passioni: andare a pescare nelle limpide e generose acque delle località istriane e dedicarsi a comporre una valanga di mirabili poesie dialettali.
Il poeta Ligio Zanini rovignonese ha lottato per la libertà, per non essere omologato, contro le varie tirannie, vecchie e nuove. Il 25 aprile, giornata della Liberazione, deve essere vissuta secondo l’indicazione di Calamandrei e cioè come impegno permanente di difesa e consolidamento della democrazia. Contro ogni forma di tirannia, di accentramento di poteri, di menomazione del concreto ruolo del Parlamento, valorizzando il pluralismo, il confronto delle opinioni, la libertà d’informazione, l’autonomia della magistratura. Ligio Zanini si è battuto per questo modello di società democratica. Mi sembra che il 25 aprile sia la data ideale per continuare a ricordarlo e rendergli gli onori che assolutamente merita.
Silvio Valdevit Lovriha
p.s. Ringrazio la figlia Biacastella Zanini, che gentilmente ha letto per prima queste righe