“E intanto scrivo” di Maria Luisa Spaziani

La vita è breve e l’arte lunga,

pure può esser breve l’arte, e interminata.

Questa treccia di luce che si annoda

tra stella e stella, in cerca del suo porto.

So che ho vissuto già più di cent’anni

e sto sull’alto della torre e scruto

ogni giorno l’arrivo del messia.

Di dove non lo so, né chi egli sia,

so che giro all’intorno la lanterna

quando fa notte, e intanto scrivo e scrivo

in ogni pausa, per scaldarmi la mano.

Venne un giorno un profeta mussulmano

e mi disse una cosa amara e strana,

che proprio qui, fra queste oziose carte,

il mio messia s’è fatto la tana.

Maria Luisa Spaziani

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ph Eleonora Mello

Maria Luisa Spaziani nacque a Torino il 7 dicembre 1922, figlia di un facoltoso imprenditore, Ubaldo Spaziani, titolare di un’attività nel settore dolciario. La madre Adalgisa era originaria di Mongardino d’Asti. Torino fu per lei la città degli studi e delle prime amicizie letterarie, mentre trascorreva le sue vacanze estive a Carcare, in Liguria, nel paese della nonna paterna. Il 7 marzo 1931 nacque sua sorella Bianca Maria e, l’anno successivo, il padre venne nominato direttore presso la Venchi Unica. Furono questi gli anni in cui lesse Carlo Collodi, Charles Dickens, il Don Chisciotte, le Confessioni di un italiano e più avanti la poesia: Giovanni Pascoli, Amalia Guglielminetti, Guido Gozzano, Ada Negri. A metà degli anni Trenta, il padre passò a lavorare ai Pastifici Triestini, costretto dunque a dividersi tra Torino e Trieste. Frequentò, per scelta paterna, il Circolo filologico di corso Valdocco. In questi anni, scrisse il suo primo articolo sul giornale di cronaca Pietro Micca, anche se il vero esordio avvenne sulle pagine della Gazzetta del Popolo. All’Istituto Bertola, dove recuperò un anno, conobbe Vincenzo Ciaffi che la avvicinò ai poeti latini – iniziò a tradurre Catullo – e alla poesia italiana contemporanea: Eugenio Montale, Sandro Penna, Mario Luzi, Leonardo Sinisgalli, Libero De Libero. Dopo diversi trasferimenti, la famiglia si stabilì nella villa di via Pesaro 26, la ‘casa dei ciliegi’ immortalata dai versi montaliani.

Il 7 luglio 1942, fondò insieme a un gruppo di intellettuali torinesi la rivista di poesia Quaderni del girasole che divenne poi, in omaggio a Mallarmé, Il dado. Quaderni di poesia letteratura filosofia, a cui collaborò un gruppo nutrito di intellettuali di spicco come Luzi, Umberto Saba, Penna, Vasco Pratolini e altri. Sul Dado uscì, inoltre, il primo capitolo di The waves di Virginia Woolf, ancora inedito in Italia. Conobbe, in questi anni, Leonardo Sinisgalli ed Ezra Pound che incontrò a Rapallo, altro luogo per lei importante insieme a Roma e Parigi.

Nel frattempo, si iscrisse alla facoltà di lingue presso l’Università di Torino, conseguendo la laurea con una tesi sulla Recherche proustiana, relatore Ferdinando Neri. La poesia e la cultura francese – Alexandre Dumas padre, Gustave Flaubert, Émile Zola, Voltaire, Victor Hugo – furono sempre un punto di riferimento costante per la poetessa, la quale visse per alcuni brevi periodi a Parigi. Nel dopoguerra, conobbe Elémire Zolla, con il quale iniziò un’intensa e tormentata storia sentimentale e intellettuale. Nel 1947 diede vita con molti dei compagni del Dado al premio Torino. Essenziale fu per lei l’incontro con Montale, avvenuto in occasione di una conferenza al teatro Carignano di Torino, il 14 gennaio 1949. Iniziò così una delle relazioni intellettuali e spirituali più intense della letteratura italiana, raccontata nelle lettere oggi conservate presso il Fondo Manoscritti dell’Università di Pavia.

A ottobre uscì la mondadoriana antologia Poeti scelti, curata da Giuseppe Ungaretti e Davide Lajolo, dove compaiono alcune sue poesie. Nel 1950 la poetessa trovò lavoro presso l’ufficio stampa di una ditta anglo-cinese a Milano, dove frequentò assiduamente Montale. Nello stesso periodo, iniziò a scrivere pezzi giornalistici per numerose testate, tra le quali Milano Sera, Il Tempo, La Stampa, Corriere della sera; collaborò poi anche a numerose riviste tra cui Lo smeraldo, Epoca, Tempo illustrato, Cenobio, L’Illustrazione italiana, Radiocorriere TV, Botteghe oscure e Nuovi argomenti. Nel 1953 vinse una borsa di studio alla Sorbona e, l’anno successivo, venne pubblicata presso Mondadori, nella prestigiosa collana Lo Specchio, la raccolta d’esordio Le acque del sabato – che recuperava al suo interno anche la plaquette apparsa nello stesso anno, Primavera a Parigi – in cui dominano il tema del tempo e molteplici risonanze di ascendenza francese.

Al 1955 risale il viaggio americano – durante il quale conobbe anche Ingeborg Bachmann – a Harvard, in occasione dei seminari estivi tenuti dal giovane Henry Kissinger. Il 1956 fu l’anno de La bufera di Montale che le dedicò, come è noto, un’intera sezione, Madrigali privati, dove è evocata con il nome di Volpe. Nello stesso anno, l’attività paterna ebbe una forte flessione economica e la giovane fu costretta a trovarsi un impiego stabile, che ottenne, presso il collegio Facchetti di Treviglio, come insegnante di francese. Le opere successive, dal titolo Luna lombarda (1959) – «piccolo romanzo che […] mi ricorda una violenta felicità» (M.L. Spaziani, Prefazione, in Ead., Poesie 1954-1996, Milano 2000, p. 8) – e Utilità della memoria (1966) – «diagramma di una seria crisi» (ibid.) – rispecchiano questo momento trascorso a contatto con gli studenti.

Nell’ottobre del 1957 si trasferì a Roma, una città per lei ricca di fascino, in via del Babuino 68. Nel 1958, sposò in Campidoglio Zolla – testimone di nozze fu l’amico e poeta Alfonso Gatto – ma il rapporto tra i coniugi si logorò velocemente e il matrimonio venne sciolto già nel 1960. Al 1961 risale la morte del padre, in seguito alla quale la madre e la sorella si trasferirono a Roma. Nel 1962 pubblicò Il gong e, nello stesso anno, tradusse per Feltrinelli due romanzi di Marguerite Yourcenar, Il colpo di grazia e Alexis. Il 25 giugno 1964 nacque la figlia Oriana Lorena. Nell’autunno del 1964 iniziò la carriera universitaria alla facoltà di magistero dell’Università di Messina come docente di lingua e letteratura tedesca, per poi passare all’insegnamento di lingua e letteratura francese ed essere chiamata successivamente, nel 1969, all’Università di Palermo.

Nell’aprile del 1966, uscì da Mondadori Utilità della memoria, dove si riduce la componente postermetica in nome di una «lucida passione esplorativa» (Lagazzi, 2012, p. XIX). Nel 1970 uscì da Mondadori L’occhio del ciclone, libro legato al periodo messinese e al mare della Sicilia, definito dalla poetessa «parzialmente monotematico». Nell’aprile del 1971 morì la madre. L’anno successivo pubblicò per la ERI il volume Ronsard fra gli astri della Pléiade, per poi tornare alla lingua tedesca, nel 1973, con la traduzione di un testo teatrale di Johann Wolfgang von Goethe, il Goetz von Berlichingen. Continuò a tradurre autori amati tra cui si ricordano Jean Racine, Michel Tournier, André Gide, ma anche Gustave Flaubert, Marceline Desbordes-Valmore, Francis Jammes. Intraprese, poi, in questi anni, numerosi viaggi: in Unione Sovietica, Cina, Giappone, Marocco, Ungheria, Polonia e Cecoslovacchia. Negli anni Settanta pubblicò i saggi Il teatro francese del Settecento, cui seguirono Il teatro francese dell’Ottocento e Il teatro francese del Novecento.

Alla fine degli anni Settanta era ormai un’autrice affermata: la casa editrice Mondadori pubblicò così nel 1979 un’ampia antologia della sua attività poetica, curata da Luigi Baldacci. L’anno prima, nel 1978, aveva dato vita a Roma, insieme a Giorgio Caproni, Danilo Dolci, Mario Luzi, Giovanni Raboni e Giacinto Spagnoletti, al Movimento-Poesia, con l’obiettivo di diffondere la poesia tramite varie iniziative. Nel 1979 entrò a far parte della giuria del premio Mondello e, nel 1981, dopo la morte di Montale, per onorarne la memoria, trasformò il precedente Movimento-Poesia nel Centro internazionale Eugenio Montale, istituendo poi anche il premio Montale. Dopo Transito con catene (1977), «un libro impuro, ricco di suggestioni diverse e lontane» (M.L. Spaziani, Prefazione, in Ead., Poesie 1954-1996, Milano 2000, p. 8) in cui sono raccolti anche i versi della precedente Ultrasuoni, pubblicò Geometria del disordine (1981), con cui vinse il premio Viareggio. Riprese poi a tradurre Marguerite Yourcenar di cui uscirono le Novelle orientali (1983) e Fuochi (1984). Seguirono i versi de La stella del libero arbitrio (1986), I fasti dell’ortica (1996) – qui sono raccolti anche i versi di Torri di vedetta –, La radice del mare (1999), cui si aggiungono, oltre ai numerosi articoli apparsi su riviste e quotidiani, le interviste immaginarie di Donne in poesia (1992), una raccolta di racconti, La freccia (2000) e alcuni testi teatrali, tra cui, dopo Il dottore di vetro (musicato da Roman Vlad nel 1959), si ricordano La ninfa e il suo re (1986) e La vedova Goldoni (1997). Fra i riconoscimenti da lei ottenuti ci furono ben tre candidature al premio Nobel per la letteratura nel 1990, 1992 e 1997. Sempre per Mondadori uscì nel 2002 La traversata dell’oasi, moderno canzoniere dove si celebra «una storia d’amore niente affatto ideale, ma fiorita per quel miracolo che non ha età, come un inatteso dono di grazia, un albero fuori stagione» (Lagazzi, 2012, p. XLIV).

A coronare la sua attività poetica, l’opera dedicata all’eroina centrale negli anni della formazione: Giovanna d’Arco (1990), «una narrazione epico-romanzesca in versi» (p. XXXIX), da cui poi venne tratto lo spettacolo teatrale L’angelo e il fuoco, con la regia di Luca De Fusco. Nel 2000 si trasferì in una nuova casa nel quartiere Prati, in via Cola di Rienzo 44. Il 30 maggio 2002 morì Zolla e, nello stesso anno, venne presentato il volume Poesie dalla mano sinistra. Nel 2003 fu costretta a lasciare la presidenza del Centro Montale per dissensi interni. In quello stesso anno, venne insignita dell’alta onorificenza di cavaliere di Gran Croce della Repubblica. Nel 2006 pubblicò La luna è già alta e nel 2009 per San Marco dei Giustiniani L’incrocio delle mediane con l’introduzione di Stefano Verdino. Montale e la Volpe (2011) è il titolo del volume di scritti autobiografici, in cui la poetessa racconta il suo rapporto con Montale. Morì a Roma il 30 giugno 2014. [Enciclopedia Treccani]

Fonti e Bibl.: Il Fondo Maria Luisa Spaziani si trova presso il Centro Manoscritti dell’Università di Pavia. Un nuovo Fondo a lei dedicato, a cura di Anna Buoninsegni, si trova nella Biblioteca Sperelliana del 1600, a Gubbio. Si vedano inoltre: Fondo manoscritto di autori contemporaneai. Catalogo, a cura di G. Ferretti – M.A. Grignani – M.P. Musatti, Torino 1982; N. Trotta, Notiziario, in Autografo, 1997, n. 35, pp. 185-192; Catalogo delle lettere di Eugenio Montale a M.L. S. 1949-1964, a cura di G. Polimeni, Pavia 1999. Le sue opere poetiche sono raccolte in M.L. Spaziani, Tutte le poesie, a cura di P. Lagazzi – G. Pontiggia, Milano 2012. Si segnala che una parte dei suoi aforismi è contenuta nell’antologia Scrittori italiani di aforismi, a cura di G. Ruozzi, Milano 1994. Per la bibliografia critica si vedano: L. Baldacci, Introduzione a M.L. Spaziani, Poesie, Milano 1979; V. Paladino, La poesia di M.L. S.: il certo normativo della metafora, in Critica letteraria, XIV (1986), 52, pp. 501-509; G. Bufalino, Per M.L. S., in Pagine disperse, Caltanissetta-Roma 1991; C. Gualandi, Il corpo del canto. Appunti sulla poetica della veggenza nell’opera di M.L. S., Milano 1994; M. Forti, Unità e molteplicità poetica in M.L. S., in Nuova Antologia, 1997, n. 2201, pp. 199-212; A. Bertoni, Su cinque estravaganti di M.L. S., in YIP, 2003, n. 7; L. D’Ambrosio, Il fuoco sacro della poesia: Conversazioni con M.L. S., Roma 2004; P. Lagazzi, “Venere o Cerere, Marta o Maria”: i volti e le maschere di M.L. S., introduzione a M.L. Spaziani, Tutte le poesie, cit., pp. XI-LXVII; S. Raffo, La divina differenza: la musa lirica di M.L. S., Faloppio 2015.

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 “Cannibalismo, Questioni di genere e serialità” – saggio di Davide Costa

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È stato pubblicato da qualche giorno “Cannibalismo , Questioni di genere e serialità” il saggio scientifico di Davide Costa- dottorando di ricerca in Sociologia della medicina– edito dalla casa editrice universitaria Tab edizioni di Roma.
Sottoposto a “double blind peer review”, il saggio analizza il fenomeno del cannibalismo con un approccio transdisciplinare che ingloba la sociologia, l’antropologia e la criminologia. In particolar modo, Il concetto di cannibalismo viene approfondito attraverso 5 casestudy di soggetti cannibali: da Jeffrey Dahmer, a Leonarda Cianciulli, ad Andrei Chikatilo, ai coniugi Baksheev e Armin Meiwes. Ogni casestudy ha previsto l’inclusione delle variabili di genere e di orientamento sessuale, correlate alle condotte criminali di questi soggetti da cui è emersa una riflessione sulle differenze nel modus operandi fra serial killer uomini e donne, sulla serialità in coppia e sulla serialità omicidiaria messa in atto da serial killer omosessuali.

FOCUS SULL’AUTORE
Davide Costa vive a Tiriolo (CZ) ed è laureato in Sociologia, Professioni sanitarie e in Criminologia all’Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro; presso lo stesso ateneo è attualmente dottorando di ricerca in Sociologia della medicina. I suoi interessi riguardano le questioni di genere e la sanità. È membro di Editorial Board e autore di diverse pubblicazioni, tra cui il saggio “Mangiare da matti. Una storia socioalimentare a Girifalco (e non solo)”. È membro dell’AIS (Associazione Italiana di  Sociologia) sezione soci Sociologia della salute e della medicina e della SISS (Società Italiana di Sociologia della Salute) e finalista (2019 e 2021) al concorso internazionale di poesia Il Federiciano.

Citazioni dell’autore:
<<Ringrazio l’editore della Tab edizioni, il dottore Mario Scagnetti e tutto il suo staff per aver seguito e soddisfatto ogni mia singola fobia o mania di perfezionismo. Questo è sicuramente l’inizio di una proficua e solida collaborazione. Una scommessa vinta con una casa editrice così importante e senza avere alcuna pregressa collaborazione o contatto. Ringrazio sia chi mi ha supportato in tutto questo tempo e anche i diversi e incessanti ostacoli che incontro>>.

CONTATTI DELL’AUTORE:
davide.costa@unicz.it

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“L’EQUILIBRIO di BEN-ESSERE”: Note sulla solitudine – a cura di CIPRIANO GENTILINO

rubrica di Cipriano Gentilino Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l’anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.

Saffo

Queste note sono state motivate dalla notizia della decisione del capo della sanità pubblica degli Stati Uniti Vivek Murthy di lanciare un allarme scientifico sui gravi rischi per la salute dovute a quella che ha definito “una epidemia di solitudine ed isolamento”. L’uso del termine epidemia sembra appropriato per comunicare sia la ampiezza del fenomeno sia la sua pericolosità sanitaria nonché la difficoltà a trovare strumenti strutturali socio-culturali ed economici per tentare di arginare il fenomeno che si è acuito, almeno dai dati relativi negli Usa e in Eu, in coincidenza della epidemia covid e ulteriormente sviluppato nell’attuale periodo che, con una azzardo diagnostico, potremmo definire post-traumatico pur in un quadro di ripresa economica e sociale.
Ma se il covid ha modificato temporaneamente e/o stabilmente ruoli, metodi, abitudini non può essere identificato come l’unico responsabile della solitudine epidemica. Altri fattori, ormai acclarati scientificamente, sono concause, a volte più pervasive e più continuative, nel determinare cambiamenti ancora più significativi in diversi piani di relazione sociali. La globalizzazione, qualunque sia il giudizio politico che le si può dare, ha determinato il rapido cambiamento della distribuzione e vendita dei prodotti con la sostituzione delle botteghe con supermercati sempre più estranianti. La bottega era il luogo dell’incontro con i vicini di quartiere, delle quattro chiacchiere tra la scelta di prodotto e i consigli del commerciante. Era, come i tavolini più riservati del bar, uno spazio interstiziale dove, per definizione, passano le notizie più personali e dove si acquisisce una dimensione propriamente meno commerciale e più confidenziale anche rispetto alla conoscenza dei propri gusti e delle proprie scelte usuali. Niente a che vedere, come è evidente con la omologazione attuale del prodotto e, di conseguenza dell’acquirente. Entrambi due numeri che vanno a trovare un luogo realmente significativo nei data-base economici dei mega produttori e venditori lontani dalla cultura e dalla storia del luogo.
Provocatoriamente direi lontani solo quanto la tastiera di un pc.
O solo di un social.
Lontani da quei fantasmi di presenza e relazione che, se non supportate da conoscenze approfondite ed emotive, diventano luogo dell’apparire e dove lo stesso linguaggio assume le caratteristiche di una “non relazione” fugace, frettolosa e, talora mendace. La stessa rivoluzione in atto in ambito informatico con l’introduzione di robot sempre più performanti e di programmi di intelligenza artificiale determina curiosità e/o estraneamento. Come se si trattasse di una esclusione, di una estraneità o per dirla, provocatoriamente, una disappartenenza “etnica” .
Questo insieme di concause interessa le varie fasi della vita ed in modo particolare la adolescenza per l’importanza sullo sviluppo psicologico e la senescenza.
Molte ricerche che hanno indagato la solitudine in adolescenza si sono concentrate sulla solitudine definita come ritiro sociale e isolamento, enfatizzando i rischi che tali condizioni pongono in termini di capacità di adattamento dell’adolescente e associandolo a sentimenti di solitudine di tipo negativo (Larson, 1990).
È importante però soffermarsi anche su quelle esperienze di solitudine utili all’adolescente durante il passaggio verso l’età̀ adulta, utilizzate come una sorta di “ritiro strategico” (Larson, 1997).
La letteratura dimostra che, nonostante è indubbia l’esistenza di vissuti di solitudine negativi, le esperienze solitarie possono però avere un ruolo rilevante anche nell’adattamento psicologico, l’adolescente può infatti sentire il bisogno di stare solo, di ritagliarsi un tempo per sé e poter riflettere su se stesso (Buchholz, 1997).
Le relazioni sociali con gli amici comunque contribuiscono all’adattamento psicosociale e costituisco un fattore protettivo contro la depressione e i disturbi comportamentali. (Corsano, Majorano, Champretavy, 2006).
La famiglia dal canto suo svolge un ruolo nel determinare la competenza con la quale il giovane transiterà fiducia verso l’età adulta (Palmonari, 2011).
La solitudine ha invece una influenza psichica e fisica nella senescenza per i danni fisici che può causare principalmente sul sistema cardiocircolatorio e cerebrale.
Danni che originano dal fatto che dal punto di vista evolutivo umano l’isolamento sociale è vissuto, dalla mente e dal corpo, come un potenziale pericolo, perché essere soli voleva dire essere più esposti e meno protetti di fronte ad eventuali minacce.
L’isolamento (io voglio stare solo) quindi determina uno stress e la conseguente attivazione di meccanismi biochimici di difesa che, a lungo andare, determinano malattia. La solitudine è un vissuto soggettivo (io non voglio stare solo), ma genera comunque nel nostro corpo conseguenze analoghe. Questo perché psiche e corpo sono profondamente legati ed interdipendenti e perché il corpo vive come reali i vissuti psichici.
Essere soli. Stare soli. Sentirsi soli.
La distinzione tra questi tre termini rimanda a condizioni esistenziali, comportamentali e soggettive della solitudine (Corsano, Musetti, 2012), facendoci già̀ intuire la complessità̀ di tale costrutto e sottolineandone la multidimensionalità. Già nel provare a distinguere i vari tipi di solitudine in termini di positiva o negativa, funzionale o disfunzionale, ci rendiamo conto dell’importanza di approfondire le ricerche, indagando soprattutto le motivazioni sottostanti a solitudine ed isolamento. Studi che hanno una loro importanza sociale di prevenzione non solo al fine di determinare una riduzione del costo sociale ma anche e soprattutto per migliorare la qualità di vita dell’anziano. Non sono solo importanti i circoli anziani e la compagnia delle associazioni di volontariato, è sempre più significativa la visita medica domiciliare (sempre più difficile da ottenere attualmente) che tranquillizzi, curi, rincuori, così come il ruolo del Servizio Sociale non tanto mirato alla compagnia sic et simpliciter ma piuttosto con l’obiettivo di dare un ruolo, un compito un significato all’esistenza anziana, un senso alla vita.
Ancora una volta quindi: un essere per gli altri oltre che con gli altri.

Cipriano Gentilino

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“I PREDILETTI DEL SUOLO E IL LORO SIGNIFICATO: IL MUGHETTO” di Maria Rosaria Perrone

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Il mughetto appartiene alla famiglia delle Liliaceae. Il nome botanico è Convallaria majalis. I fiori di mughetto sono penduli profumati, bianchi, campaniformi e iniziano a fiorire intorno a marzo. È un fiore che cresce spontaneamente nei boschi di latifoglie. Numerose sono le leggende che si narrano intorno a questo fiore, una di esse ad esempio racconta che il mughetto sia stato caro a Mercurio, poiché il suo profumo inebriante rinforzava il cervello e acuiva la memoria. Secondo una leggenda cristiana l’origine del mughetto deriva dalle gocce di sangue che San Leonardo versò durante una dura lotta con il demonio e che tale stillicidio di sangue si trasformò in tanti bianchi campanellini, il mughetto appunto Un’altra leggenda invece afferma che i primi mughetti sono nati dalle lacrime della Madonna sparse ai piedi della croce e per tale motivo, con il loro colore verginale simboleggiano la purezza. Nel linguaggio dei fiori simboleggia l’innocenza e la felicità che ritorna. È anche sinonimo di portafortuna, infatti, in Francia, è donato il primo maggio per festeggiare la primavera e augurare una buona sorte.
-Maria Rosaria Perrone-

Sulla Fortuna…

« O Fortuna,
velut Luna
statu variabilis,
semper crescis
aut decrescis
rota tu volubilis »

« O Sorte,
come la Luna
sei mutevole,
sempre cresci
o decresci
Tu ruota che giri »

-Introduzione a “O Fortuna” da Carmina Burana 

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“Letture indipendenti” – “Il sipario sui sogni” di Flaminia Nucci

Letture indipendenti “Se lei sapesse che il nostro mondo e tutte le cose in esso contenute sono proiezioni provenienti da un livello di realtà al di là dello spazio e del tempo; e se sapesse che persone molto infelici possono ritrovare la felicità, spostandosi da un livello ad un altro, lei non le aiuterebbe?”.
Questo il quesito che si trova ad affrontare Frida Falk, psicoanalista junghiana, quando Magnus Ström le racconta dell’esistenza del Movimento Liberi Sognatori e la mette in contatto con quattro pazienti che hanno bisogno del suo aiuto per transitare da un livello di realtà all’altro.
Quattro storie di perdita: una madre che ha perso una bambina, un anziano pittore privato della vista, un ragazzo transessuale orfano della propria identità e un profugo nigeriano, la cui capacità di vivere sembra essere annegata insieme ai suoi sventurati compagni di viaggio.
Ma se trovare la felicità nei sogni equivalesse a perdere la vita?
E se aiutare quattro persone a ritrovare ciò che hanno perduto significasse per Frida smarrire sè stessa?

flaminia nucci
L’autrice Flaminia Nucci riesce a far entrare il lettore in empatia con ognuna delle quattro storie, attraverso la psicoanalista Frida.
Quello che si intraprende leggendo questo romanzo è un viaggio dentro sè stessi, vorreste vivere dentro un sogno o combattere nella vira reale?

Flaminia Nucci, psicoanalista, si è diplomata alla Libera Scuola di Terapia Analitica di Milano (Li.S.T.A.), scuola di specializzazione post-universitaria, la cui attività formativa e didattica si fonda sul pensiero e la prassi clinica di Carl Gustav Jung.
Si dedica principalmente ad indagare i rapporti tra psicoanalisi junghiana, terapie basate sull’interazione tra Uomo e animale, tecniche sciamaniche di guarigione, poesia, letteratura e mito.

Il sito web dell’autrice: https://flaminianucci.it/

Il romanzo Il sipario sui sogni è pubblicato dalla Casa Editrice Robin Editore, per la categoria Robin&sons, in versione cartacea con copertina flessibile.

Link per l’acquisto:
Amazon: https://amzn.to/3F6hQuW
Robin Editore: http://www.robinedizioni.it/nuovo/il-sipario-sui-sogni
Feltrinelli: https://www.lafeltrinelli.it/sipario-sui-sogni-libro-flaminia-nucci/e/9788872748794

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“Breve storia della metafisica” di Gabriella Petrelli

bustos-756620__340Il termine  metafisica  è stato utilizzato per la prima volta dal grammatico Livio Andronico quando egli, catalogando le opere aristoteliche, considerò metafisiche quelle che trattavano argomenti riguardanti non più le sostanze naturali ma l’essere in generale. Infatti l’analisi semantica del termine ci rimanda al significato greco: meta (oltre) phisis (natura); la metafisica concerne la conoscenza di ciò che è al di là del mondo empirico e che riguarda le strutture ultime della realtà e le cause finali del mondo. Aristotele la definiva filosofia prima, Platone ontologia, i Presocratici cosmologia. La metafisica venne, comunque ,utilizzata sin  dai primordi  del sapere filosofico, quando si cercò  il principio  di tutta la realtà empirica, individuando nell’unità formale o materiale della natura l’uniformità del cosmo o l’essenza delle cose. Ma non si trattava solo di scoprire l’universale nel particolare, occorreva trovare la ragione d’essere di ogni singola cosa. Era necessario chiedersi del fondamento ultimo di ogni aspetto particolare del mondo e rispondere al quesito: cosa fa esistere le cose che sono? Platone individua nei modelli formali ed eterni che definisce idee, fondamento ontologico degli enti. Le idee dimorano nel mondo iperuranio dove troviamo l’idea del Bene che si identifica con l’essere da cui derivano le altre idee e da cui gli altri traggono la loro esistenza. Il rapporto idee-cose, in Platone, lascia insoluti alcuni nuclei concettuali e rimanda al dualismo di parmenidea memoria tra mondo del divenire e mondo dell’essere. Aristotele cerca di porvi rimedio, rinunciando ad una spiegazione metafisica dell’empirico, pensando ad una forma ontologica e gnoseologica comune ad ogni ente che egli designa con il nome di sostanza. Questa insieme agli attributi costituisce il paradigma del reale. Aristotele utilizza la metafisica per descrivere la causa finale di tutto l’universo, l’intelligenza ordinatrice divina, che muove il mondo assegnando   il posto a ciascun essere. La diffusione del Cristianesimo pone nuovi interrogativi alla filosofia e rende necessaria una comprensione razionale dei contenuti di fede, facendo sorgere nuove domande. Esiste un rapporto tra ragione e fede? La costruzione di sistemi teologici e metafisici è proprio della filosofia scolastica ed in particolare ricordiamo la “Summa Theologiae” di Tommaso D’Aquino che raccoglie le conoscenze teologiche dell’epoca. La necessità di dimostrare Dio come fondamento del mondo conduce i filosofi scolastici a teorizzare le prove per la dimostrazione dell’esistenza di Dio. Vi sono due tipologie di prove: la prova ontologica che parte da Dio per arrivare al mondo esterno formulata da Anselmo d’Aosta e le prove a posteriori teorizzate da Tommaso d’Aquino. Non mi soffermerò sulla sottigliezza logica delle dimostrazioni che rendono tuttavia comprensibile e giustificabile l’essere degli enti. Nel Rinascimento i filosofi non si sono distaccati da questa relazione tra mondo e Dio, tra macrocosmo e microcosmo; la divinità è stata concepita all’interno della natura, fino ad identificarsi con essa.

In età moderna Cartesio ripristina la trascendenza divina riprendendo le prove razionali della scolastica, facendo così derivare dall’esistenza di Dio quella del mondo esterno. Per il filosofo razionalista francese esistono, dunque, tre sostanze: la sostanza pensante (res cogitans) riferita al soggetto,  condizione necessaria dell’appercezione di se e della percezione del mondo esterno, la res exstensa  che    Cartesio fa derivare dalla dimostrazione dell’esistenza di Dio argomentata riprendendo le prove razionali scolastiche.

Spinoza trasforma la sostanza divina in unica entità da cui fa derivare, attraverso un cogente e necessario processo deduttivo, tutti gli enti della natura. Dio è in ogni cosa ed ogni essere è in Dio. Dall’unità della sostanza divina Spinoza deduce, secondo un preciso teorema geometrico, la molteplicità del mondo. La filosofia che cerca la verità, conosce l’unità divina tramite l’intuizione intellettuale che, oltrepassando la molteplicità ed il divenire, giunge alla sostanza divina che fa essere ogni cosa ciò che è, nell’ordine -necessario conferitole da Dio. Il panteismo spinoziano avrà un discreto successo in epoca romantica  quando poeti come Goethe, Holderlin o filosofi come Schelling vedranno nella natura l’immagine del divino.

Il filosofo tedesco Leibiniz separa il piano metafisico da quello empirico. L’uomo può operare attraverso l’esperienza e l’intelletto all’interno del mondo empirico, costituendo oggetti di conoscenza definite da Leibiniz monadi. Esse unendosi formano la materia e le realtà spirituali. Dio conosce il destino di ogni monade ma lascia a ciascun essere la libertà di progettare se stesso.

L’edificio metafisico incomincia a sgretolarsi con l’empirismo inglese del Seicento (Locke) cui fa seguito lo scetticismo gnoseologico e metafisico di Hume che Kant svilupperà fino a dare alla metafisica una svolta importante. Locke mette in dubbio la conoscibilità della sostanza e l’esistenza delle idee innate che sono le fondamenta della metafisica occidentale. Hume radicalizza il dubbio estendendolo ad ogni conoscenza possibile che risulta essere un fascio di impressioni soggettive senza alcuna relazione con il mondo esterno

Infine Kant “detronizza “la metafisica che egli stesso definisce “la regina delle scienze” un tempo, distinguendo l’ambito prettamente gnoseologico da quello metafisico. L’intelletto costituisce oggetti di conoscenza in ambito empirico, la ragione pensa oggetti che non può conoscere. Le tre idee metafisiche di anima, mondo, Dio che concernono la totalità degli enti, divengono noumeni per la ragione cioè entità inconoscibili. Kant definisce la metafisica come un oceano pieno di ghiacci e di nebbia che l’uomo vorrebbe attraversare ma non può perché pieno di insidie per cui egli, pur aspirando alla totalità, rimane fermo sulla piccola isola della conoscenza. Allora la metafisica scompare dopo Kant? Se avrete la  pazienza di seguirmi, lo scoprirete al prossimo articolo .(fine prima parte)
Gabriella Petrelli

 

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“Il valore della libertà” di Maria Rosaria Teni

editorialeNonostante le varie opinioni e discussioni, il 25 aprile se n’è andato anche quest’anno, tra rievocazioni, commemorazioni più o meno appassionate e una conferma essenziale: la Resistenza non potrà mai essere dimenticata o ignorata, perché è, e rimarrà sempre, un pezzo della nostra Storia e la Storia, si sa, è scientificamente dimostrata dai fatti. Ci sono tante testimonianze di donne e uomini che, con coraggio, hanno rischiato la propria vita per far sì che noi oggi, possiamo dire di aver potuto costruire una società che si fonda sulla libertà, sulla convivenza democratica improntata su valori etici imprescindibili, basilari per un’umanità ritrovata dopo un periodo di dittatura che ha visto l’annientamento di diritti inalienabili. Vedendo ciò che accade oggi, mi rendo conto di quanto sia importante ricordare e conoscere quello per cui si è combattuto per mantenere quella libertà raggiunta con sacrifici e audacia, mentre tutto intorno degenerava e soffocava ogni aspirazione a dimostrare la propria individualità. Oggi noi dovremmo ancora poter scegliere cosa vogliamo essere e le parole che vogliamo usare; dovremmo ancora poter uscire da casa serenamente e non vivere nella paura che i prepotenti dell’ultima ora usino la violenza per esercitare un dominio deplorevole nei confronti di esseri umani indifesi. Oggi non dovremmo vedere persone che rovistano nei cassonetti della spazzatura, lacerati nel profondo da disparità ai margini del decoro, mentre nelle grandi città si trascinano carrelli gonfi di stracci e di un passato penoso. Oggi non dovremmo giustificarci se rivendichiamo il diritto di scegliere la maternità unitamente al lavoro stabile che, di contro diventa sempre più instabile, mentre si corre ogni giorno per sopravvivere al rincaro incalzante di generi che sono di prima necessità. La data del 25 aprile, allora, riveste un significato ancora più profondo perché serve a ricordare che, nel momento in cui sembra che tutto sia sul punto di precipitare in una deriva disumanizzante, si può riemergere, trovando la forza di impegnarsi per garantire diritti e libertà che, settantotto anni fa, donne e uomini hanno ottenuto, lottando in prima persona, sacrificando la propria vita. Non dovremmo permettere che tali conquiste vadano perdute, per non ritornare prigionieri di sbarre invalicabili. Maria Rosaria Teni

Per i morti della Resistenza

Qui

vivono per sempre

gli occhi che furono chiusi alla luce

perché tutti

li avessero aperti

per sempre

alla luce.

Giuseppe Ungaretti

Nuove (1968-1970)

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“Notte di maggio” di Antonio Machado

Era una notte del mese
di maggio, azzurra e serena.
Sull’azzurro cipresso
il plenilunio brillava,
illuminando la fonte
dove l’acqua zampillava
or sì or no singhiozzando.

Solo la fonte udiva.
Poi d’occulto usignolo
si sentì il motivo.
Ruppe raffica di vento
la curva dello zampillo.
E una dolce melodia
vagò per tutto il giardino:
un musicante tra i mirti
il suo violino suonava.

 Antonio Machado

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Antonio Machado – Poeta spagnolo (Siviglia 1875 – Collioure, Pirenei Orientali, 1939). La sua produzione poetica mostra evidente agli inizi l’impronta del modernismo e una propensione all’introspezione intimista, per poi lasciare maggiore spazio, nelle raccolte successive, a temi legati alla terra e alla tradizione spagnola. Tra le opere: Soledades (1903); Nuevas canciones (1924). VitaFiglio di Antonio M. y Álvarez. Con il fratello Manuel studiò a Madrid nella Institución de libre enseñanza, e si trasferì in seguito a Parigi, dove lavorò come traduttore presso Garnier. Nel 1907 vinse la cattedra di francese a Soria, dove nel 1909 conobbe e sposò Leonor, molto più giovane di lui, che morì nell’agosto del 1912 lasciando nel poeta una tristezza così profonda che ne condizionò tutta la vita e la produzione. M. si trasferì a Baeza, poi a Segovia e in seguito a Madrid. All’inizio della guerra civile si trasferì a Valencia dove collaborò a Hora de España e nel febbraio del 1939 abbandonò la Spagna per raggiungere la Francia, ma morì appena superato il confine. Opere.La produzione di M. coincide, all’inizio, con il periodo di maggior rigoglio della poesia modernista, dalla quale tuttavia si differenzia nettamente per la sua intimità e sobrietà. Dopo il primo momento di Soledades (1903, poi ampliato con il titolo di Soledades, Galerías y otros poemas, 1907), nelle quali serpeggia il pessimismo che caratterizza tutta la Generazione del ‘98, Campos de Castilla (1912) rivela la maturità del poeta che, con sentimento commosso, scopre, come gli altri della sua generazione, il paesaggio castigliano. Gli antichi villaggi, le terre desolate, le querce, le cicogne sono cantati nella loro realtà fisica insieme all’amore, alle piccole cose, alla fatica dell’uomo. Campos de Soria e La tierra de Alvargonzález rappresentano i momenti migliori di quest’opera. In Nuevas canciones il ricordo della Castiglia è sempre vivo, ma l’Andalusia, dove M. è ritornato, gli suggerisce canti e coplas popolari con i quali si riallaccia all’anonima tradizione collettiva. Tra le sue opere in prosa sono da ricordare gli articoli e i poemi scritti durante la guerra civile e in parte pubblicati nel volume La guerra (1937), e Juan de Mairena (1937), opera filosofica. Con il fratello Manuel scrisse per il teatro Juan de Mañara (1927), Las adelfas (1928), La Lola se va a los puertos (1930), La duquesa de Benamejí (1932). [ Enciclopedia Treccani]

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IL LIBRO DEL MESE: “Assurdità alimentari – Dalle fake news alla scienza della nutrizione” di Marco Capocasa e Davide Venier – aprile 2023

il libro del mese_page-0001Per la rubrica “Il libro del Mese” ho scelto Assurdità alimentari – Dalle fake news alla scienza della nutrizione, (Castelvecchi editore, 2023),  scritto a quattro mani da Marco Capocasa e Davide Venier. Si tratta di un agile vademecum in cui gli autori hanno cercato di spiegare come ci si possa difendere dall’insensatezza di numerose fake news alimentari, che vengono purtroppo diffuse rapidamente e considerate erroneamente vere con il rischio talvolta di compromettere anche lo stato di salute del nostro organismo. Marco Capocasa, autore già presente nella nostra rivista, è biologo e antropologo e svolge attività di ricerca scientifica in qualità di vice-segretario dell’Istituto Italiano di Antropologia oltre che la libera professione di biologo nutrizionista. Si occupa dello studio delle relazioni fra strutture sociali e diversità genetica delle popolazioni umane e della condivisione del sapere scientifico in ambito antropologico e biomedico. È autore di decine di articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali (https://scholar.google.com/citations?user=NUcLwEYAAAAJ&hl=it). Insieme a Giovanni Destro Bisol ha pubblicato due libri di divulgazione scientifica: Italiani. Come il DNA ci aiuta a capire chi siamo (Carocci, 2016) e Intervista impossibile al DNA. Storie di scienza e umanità (il Mulino, 2018). È inoltre autore, insieme a Giuseppe Di Clemente, del romanzo di fantascienza Elbrus, edito nel 2020 per Armando Curcio Editore.  Davide Venier, dottore in Dietistica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, svolge la libera professione di dietista, collaborando inoltre con il Policlinico Casilino di Roma nell’ambito del servizio Ospedale Amico. Si occupa della condivisione della corretta informazione scientifica riguardante i temi dell’alimentazione e della nutrizione umana.

COVER_ASSURDITA' ALIMENTARI_CAPOCASA_VENIERDimagrire, avere corpi muscolosi, sconfiggere gli inestetismi sembrano essere gli imperativi odierni per obbedire ai quali ci affidiamo a “verità” alimentari che ci raggiungono tramite canali di informazione inaffidabili, avvicinandosi spesso più alla fantascienza che alla scienza. Tutto il clamore che si genera attorno alle tendenze alimentari ci fa dimenticare che la nutrizione è innanzitutto una questione di salute che riguarda l’interno del nostro corpo tanto quanto l’esterno. Come difendersi, allora? Assurdità alimentari, grazie alla trattazione seria e documentata ma al tempo stesso divulgativa, è un agile vademecum per contrastare la “mitologia alimentare”, ossia tutte quelle credenze, mode dell’ultima ora e fake news scientificamente infondate che, acquistando sempre più credito, rischiano di promuovere uno stile di vita dannoso. Il volume, con la prefazione del Dott. Carlo Chiarla, è suddiviso in quattro parti: Parte I: Passato, presente e futuro un breve excursus storicoevolutivo riguardo al ruolo dell’alimentazione e della nutrizione nell’evoluzione umana e sulle strategie di sussistenza che la nostra specie ha sperimentato nel corso della sua storia.
Parte II: Nutrizione, evoluzione, disinformazione una riflessione sul rapporto tra evoluzione umana e nutrizione e su come essa conduca inevitabilmente a sovrapporre i piani della natura biologica e culturale degli esseri umani, per poi giungere ai giorni nostri e alla rapida diffusione delle cosiddette “bufale alimentari”.

Parte III: Assurdità alimentari un’esplorazione delle notizie errate e delle false credenze che possono fuorviare le persone, allontanandole da uno stile di vita realmente sano, e la loro decostruzione attraverso le evidenze provenienti dalla letteratura scientifica recente.

Parte IV: Per saperne di più un percorso bibliografico esplicativo, mirato a suggerire pubblicazioni scientifiche e ulteriori letture a chi desidera esplorare con maggiore ricchezza di dettagli i vari argomenti trattati nel libro.

Data di uscita: 3 febbraio 2023
Casa Editrice: Castelvecchi

Collana: Polene

Genere: Divulgazione scientifica

Numero di pagine: 96

Formato: brossura

Prezzo di copertina: 13,50 euro

Link Prodotto Casa Editrice:
http://www.castelvecchieditore.com/prodotto/assurditaalimentari
dallefakenewsallascienzadellanutrizione/

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“Il libro” di Lucio Zaniboni

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In occasione della “Giornata Mondiale del Libro”, la lirica proposta da Lucio Zaniboni pare quanto mai appropriata. La ricorrenza è stata fissata dall’Unesco il 23 aprile del 1996 con lo scopo di promuovere il “continuo progresso culturale attraverso la lettura, a protezione della pace, della cultura e dell’educazione di tutti i popoli.” La scelta della data è legata ad una doppia coincidenza: la scomparsa, il 23 aprile 1616, di alcuni dei più alti rappresentanti della letteratura mondiale come Shakespeare, Cervantes e Garcilaso de la Vega e la Giornata dedicata al libro che già si festeggiava nella stessa data, a partire dall’inizio del secolo XX, a Barcellona dove coincideva con la festa del santo patrono Sant Jordi (San Giorgio). Nella poesia del nostro poeta il libro assume una sembianza imprescindibile nella vita di ogni uomo; con una sensibile personificazione diventa altro da sé e si riveste del coraggio necessario per affrontare il dolore.[Maria Rosaria Teni]

Il libro, un’anima allo specchio

e, tra le righe, altre intere vite.

Una bugia colora il reale di rosa,

altrove trasforma le lacrime in inchiostro.

L’autore, vittima gladiatore,

nasconde il suo passato per pudore

e nel racconto snoda il suo dolore.

Lucio Zaniboni

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