“Poesie del contagio” di Erone Polidorich


Il periodo che stiamo vivendo contribuisce a un arricchimento emotivo che ben si presta a essere tradotto in versi e quelli che oggi propongo nella rubrica dedicata alla Poesia sono una prova di quanto sia importante, oggi, la scrittura.  Erone Polidorich attraverso le sue strofe, equilibrate in schemi regolari e incisivi,  esprime situazioni reali e stati d’animo vissuti in un momento difficile e quasi irreale.  Efficaci e di profonda introspezione le strofe finali dell’ultima lirica, paradigmatiche di una sensibilità rara ed elegante: “[…] io resto attaccato, o almeno tento, e’ stato un duro momento, ma non era il mio soffio di vento.” – Versi che fanno riflettere e che riflettono, nel contempo, utilizzando l’espediente metaforico delle foglie, un disagio esistenziale che si tenta copraggiosamente di superare. [Maria Rosaria Teni]

Mose’ a Milano (prima del virus)

Scendi dal monte e tutto ti e’ chiaro
qual e’ la giusta vita e la via dritta
torni pedestre alla terra afflitta
per avvertire il gregge ignaro.
Intanto la gente ingoia
un intruglio colorato,
chiacchiera e si annoia;
ha una vita e che farsene non sa
e non e’ pronta per quello che verra’.

Quarantena
Sui sentieri deserti
sulle strade statali
nei campi aperti
e tra silenzi irreali
chissa’ che stan combinando
i cinghiali.

Due foglie
Eravamo rimasti in due sul ramo,
ma poi una raffica potente
la prende, gia’ non la riconosco
vorrei dirle t’amo
ma lei già e’ assente
cambia colore, ha lo sguardo fosco
svolazza lontano
la chiamo invano
Vorrei seguirla, ma poi mi pento
non era il mio soffio di vento
Io resto attaccato, o almeno tento,
e’ stato un duro momento,
ma non era il mio soffio di vento.
Erone Polidorich

Erone Polidorich, uomo di cultura classica e dai molti talenti, e’ nato a Trieste nel 1977, dove ha frequentato il liceo scientifico. Dopo aver studiato alla facolta’ di ingegneria meccanica, si e’ dedicato a scandagliare gli abissi dell’uomo e della natura. Tutte le sue poesie sono inedite.