“Non sono nulla” di Fernando Pessoa


Nell’imperante dominio dell’egocentrismo e dello sfolgorio dell’apparenza, oggi ho riletto questa lirica di Pessoa e mi è sembrato quasi naturale condividerla su queste pagine della rivista. Le illusioni, destinate a sfaldarsi di fronte alla precarietà dell’esistenza, si adagiano, in Pessoa sul tronco invecchiato dalla realtà e dal tempo, che consuma e non ridà ciò che toglie.Amo particolarmente questo autore e, nelle pieghe dei suoi versi, ritrovo pezzi di vita universali e instabili, incerti come incerto è l’incedere di giorni. [M.R.Teni]

Non sono nulla

Non sono nulla, non posso nulla,
non perseguo nulla.
Illuso, porto il mio essere con me.
Non so di comprendere,
né so se devo essere,
niente essendo, ciò che sarò.
A parte ciò, che è niente, un vacuo vento
del sud, sotto il vasto azzurro cielo
mi desta, rabbrividendo nel verde.
Aver ragione, vincere, possedere l’amore
marcisce sul morto tronco dell’illusione.
Sognare è niente e non sapere è vano.
Dormi nell’ombra, incerto cuore.
Fernando Pessoa

ph Eleonora Mello

(Lisbona 1888 – ivi 1935).  Artefice principale del rinnovamento della letteratura portoghese nel 20° sec., P. anticipò molte delle novità letterarie europee. Attraverso le varie esperienze poetiche del tempo P. s’impose nel modernismo, al quale ha dato l’avvio nel suo paese con enunciazioni programmatiche dalla rivista Orpheu. La validità della sua lirica, riconosciuta gradualmente e tardi a causa delle scarse pubblicazioni di essa, vivente l’autore, ne fa un poeta di valori universali, documentati anche dalla singolare imponenza della critica su di lui e delle traduzioni della sua opera.

Orfano del padre, critico musicale, all’età di cinque anni, dal 1896 al 1905 visse a Durban, in Sudafrica, dove la madre si era trasferita con il secondo marito, console portoghese, e dove apprese la seconda lingua, l’inglese, che gli avrebbe consentito di trovare un impiego come corrispondente di case commerciali, una volta tornato a Lisbona. Qui egli visse il resto dei suoi anni, affiancando al modesto lavoro un’intensa attività intellettuale, legandosi d’amicizia a M. de Sá-Carneiro e Almada Negreiros, collaborando a riviste letterarie (A Águia, Centauro, Exílio, Portugal futurista, Athena, Presença e soprattutto Orpheu), ideando effimere correnti d’avanguardia (paulismo, interseccionismo, sensacionismo) e pubblicando, col proprio nome, alcuni versi in inglese (35 sonnets, 1918; English poems, 1921) e una scarna raccolta (Mensagem, 1934), animata da un profondo sentimento patrio.

Pochi altri scritti, in versi e in prosa, aveva pubblicato come opera di vari «eteronimi» o autori immaginari (Alberto Caeiro, Álvaro de Campos, Ricardo Reis, ciascuno fornito non solo di un proprio stile ma anche di propri dati biografici e perfino fisionomici), cui P. affidava il compito di rappresentare singoli aspetti della propria complessa personalità, dal lirismo bucolico venato d’ironia all’avanguardismo esasperato, al classicismo oraziano. Totalmente inedita era la maggior parte della sua produzione, rinvenuta dopo la morte in un baule contenente 27.543 documenti (ora catalogati nel Fondo P. della Biblioteca naz. di Lisbona), molti dei quali intestati a ulteriori eteronimi, come l’alter ego Bernardo Soares, aiutante contabile di Lisbona che annota i suoi pensieri nel Livro do desassossego, il filosofo neopagano António Mora, il poeta Coelho Pacheco e numerosi altri. Lontano dal positivismo tardo-ottocentesco quanto dalle pose misticheggianti o superomistiche di certo decadentismo, aperto alle novità europee e anticipatore di molte di esse, nazionalista in politica benché contrario al salazarismo, amante dell’astrologia e dell’occultismo, P. aveva uniformato la propria esistenza a un meticoloso rituale per dedicarsi integralmente alla letteratura, coerentemente vissuta come assoluta finzione, teatro delle molte maschere in cui si era venuta frantumando la coscienza dell’uomo borghese nella crisi tra i due secoli. Con la sua opera multiforme ed enigmatica, pubblicata a partire dal 1942 e ormai tradotta in quasi tutte le lingue, P. non è solo l’artefice principale del rinnovamento della letteratura portoghese nel sec. 20º, ma è assurto al rango di classico del Novecento: Obras completas (11 voll., 194274), che raccolgono l’intera produzione in versi; e, tra i volumi di prosa: Páginas de doutrina estética (1946); O banqueiro anarquista e outros contos de raciocínio (1964); Páginas íntimas e de auto-interpretação (1966); Textos filosóficos (1968); Cartas de amor de F. P. (1978; tradd. itt.: Lettere a Ofelia, 1988; Lettere alla fidanzata, 1988); Livro do desassossego por Bernardo Soares (2 voll., 1982; trad. it. con modifiche Il libro dell’inquietudine, 1986). Tra le diverse traduzioni italiane si segnala l’ampia scelta di poesie e prose Una sola moltitudine (2 voll., 197984), a cura di A. Tabucchi. [Enciclopedia Teccani]

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