
“Il punto di vista” di Mariantonietta Valzano
Negli ultimi anni si sta osservando una deriva delle democrazie verso una forma autocratica che appare quasi ineluttabile. Perché? Pare non vi sia memoria alcuna del passato, nessuna reminiscenza delle dittature (destra o sinistra vestite) che mai possa far riflettere su come sia preferibile una cattiva democrazia ad una buona dittatura. Oggi siamo infragiliti dalla continua erosione dei nostri diritti (allo studio, alla salute, al lavoro) mescolati nelle vicissitudini quotidiane che ci affannano e non ci siamo abbastanza resi conto di quanto ci è stato sottratto, così ci abbandoniamo a facili nostalgie su un’epoca di cui temo si ricordi poco.
Attualmente ci sono giovani che scendono in piazza per affermare il loro diritto ad essere donna, uomo o altro sfidando repressioni o carcerazioni inaudite dovute a teocrazie che obbediscono a regole opprimenti. Altresì si consumano conflitti che odorano di guerra globale, anche se non ne sentiamo il sapore amaro, sono guerre che non accennano a finire e sono prive di ragionevolezza con il loro prodotti di morti, torture, stupri di massa. Ma tutto ciò non era già avvenuto?
Forse non doveva esserci solo un 27 gennaio ma tanti in cui rammentare di continuo accanto all’olocausto infernale degli ebrei nella Seconda guerra mondiale, i desaparecidos argentini, le esecuzioni di Pinochet, Franco, i gulag sovietici e le purghe staliniane, le foibe di Tito, i genocidi di armeni di sbiadita memoria o le sofferenze kurde che hanno fermato l’ISIS alle porte dell’Europa, il massacro di Srebrenica e quanto ancora si può elencare?
Non ci sembra possibile ma la realtà indica che la democrazia è fragile, irretita anche nelle maglie di una politica poco lungimirante che comunque obbliga a dei passaggi istituzionali, leggi, discussioni, provvedimenti troppo lunghi ma che nella loro lungaggine hanno insita la riflessione e il moderamento delle decisioni.
Il Democracy index è un calcolo che fa il settimanale The Economist comprende cinque indicatori: libertà civili, pluralismo elettorale e procedure elettive, funzioni attribuite al governo, partecipazione alla vita politica e culturale.
Questi indicatori vengono calibrati sia sui 167 paesi ufficialmente democratici sia in quelli che non lo sono, si esaminano le oscillazioni politiche ed economiche, intersecando i dati con altrettanti sondaggi sulla specificità della politica (preferenze elettorali, volontà di voto, volontà di ottemperare il voto ecc). Essi ci danno un quadro generale su cui si basa la vita di più di tre quarti delle nazioni mondiali (il numero dei paesi totali è 197). Ma data la vastità dei paesi democratici ci dobbiamo chiedere perché vi sono ancora stati autoritari di varia natura (teocratica o politica) che influenzano pesantemente la vita di tutti? O meglio perché la vita del mondo viene appesa a un filo che è umoralmente collegato a paesi non democratici?
Quanto è minata la coscienza democratica della popolazione occidentale, da sovranismo e nostalgie di stampo simil dittatoriale? La democrazia, nata ad Atene da Solone che ne ha piantato i semi e consolidata con solide radici da Pericle, può oggi resistere ai colpi di una facile retorica autocratica a cui si delega la responsabilità di ogni cittadino ad un uomo solo o ad una oligarchia?
Perché mentre gli ateniesi erano orgogliosi e tenaci nel difendere il loro diritto di responsabilità-decisione e il loro dovere-rispetto delle regole condivise, oggi non vi è un tale sacro fuoco vissuto come valore imprescindibile della nostra vita?
La democrazia è lenta, burocratica, è piena di dubbi ma ha una certezza: anche nel peggiore dei casi è libera e lascia spazio al cambiamento, seminandone le basi su sottili strati che si accumulano decenni dopo decenni. Si può sempre raggiungere uno stadio migliore.
Si può dire la stessa cosa della NON DEMOCRAZIA? Forse bisogna prendersi cura di questa fragile “dama” per parare i colpi sia del populismo che della protervia radical-chic, che si è allontanata dal mondo reale.
Forse bisogna studiare I Padri Fondatori, ricordare chi ha lottato per ottenerla e chi è morto per difenderla, caduto per salvaguardarci tutti. Forse bisogna tornare nelle piazze a parlare di politica che rappresenti tutti ed ognuno di noi, assumerci la responsabilità del confronto e della crescita, sempre rispettando regole condivise.
Forse…abbiamo un disperato bisogno di una vera democrazia.
Mariantonietta Valzano
Un bell’ articolo. Mi sono tornate in mente le parole di Gaber: “La libertà é partecipazione”
"Mi piace""Mi piace"
Un articolo molto bello, mi ha fatto tornare in mente le parole di Gaber: “La libertá é partecipazione”
"Mi piace"Piace a 1 persona
Dalla fragilità alla vera demos -crazia diffusa e partecipata . Un forte richiamo all’impegno di pegno di tutti . Un articolo forte è bello !
"Mi piace""Mi piace"