“Desiderio di cose leggere” di Antonia Pozzi


Giuncheto lieve biondo
come un campo di spighe
presso il lago celeste

e le case di un’isola lontana
color di vela
pronte a salpare –

Desiderio di cose leggere
nel cuore che pesa
come pietra
dentro una barca –

Ma giungerà una sera
a queste rive
l’anima liberata:
senza piegare i giunchi
senza muovere l’acqua o l’aria
salperà – con le case
dell’isola lontana,
per un’alta scogliera
di stelle –

1° febbraio 1934

Antonia Pozzi nacque a Milano il 13 febbraio 1913 da Roberto, avvocato di fama, e da Carolina Lavagna Sangiuliani di Gualdana, appartenente a una famiglia del patriziato locale che vantava un’illustre tradizione culturale (la nonna materna, Maria, era nipote di Tommaso Grossi). Antonia ricevette un’educazione accurata e completa: studiò le lingue moderne, la musica, il disegno e la scultura, mentre si dedicava a numerose attività sportive, come tennis, nuoto, equitazione e, soprattutto, sci e alpinismo. L’amore per la montagna, che fu una costante nella vita e nell’immaginario poetico della Pozzi, scaturì dalla frequentazione di Pasturo, un piccolo paese della Valsassina, dove la famiglia aveva acquistato una villa settecentesca e trascorreva le vacanze: Antonia vi riconobbe sempre il rifugio prediletto in cui ritrovare se stessa, le sue radici e il luogo in cui sarebbe ritornata. Nel 1927 Antonia si iscrisse nella sua città al liceo classico Alessandro Manzoni e a questo periodo risalgono alcuni incontri destinati a lasciare una traccia indelebile nella sua esistenza: conobbe infatti Lucia Bozzi ed Elvira Gandini (allora già studentesse universitarie), che ella usava chiamare ‘sorelle d’adozione’, e Antonio Maria Cervi, suo professore di latino e greco, di cui si innamorò profondamente. Sardo di origine (era nato a Sassari nel 1894), uomo di cultura straordinaria e insegnante carismatico, Cervi si sarebbe trasferito l’anno successivo a Roma, dove, nel 1940, avrebbe ottenuto la libera docenza di letteratura greca, storia della filosofia antica e storia comparata delle lingue classiche. La relazione iniziò come una frequentazione in un contesto familiare (durante le vacanze pasquali del 1928 e del 1929 la famiglia Pozzi si recò in viaggio a Roma e Napoli e Cervi fece loro da guida), ma a partire dal 1930, nonostante la distanza, sfociò in un legame sentimentale che condusse a progetti matrimoniali; fortemente osteggiato dalla famiglia Pozzi, il rapporto si protrasse alcuni anni e si concluse definitivamente nel 1933.

Antonia Pozzi

Al 1929 risalgono le prime liriche di Antonia, alcune delle quali furono ispirate alla sofferta relazione. Nel medesimo anno maturò in lei anche la passione per la fotografia, destinata ad accompagnarla per tutta la sua esistenza. Nel 1930 si iscrisse al corso di filologia moderna della facoltà di lettere e filosofia presso la Regia Università di Milano, dove frequentò le lezioni di estetica di Giuseppe Antonio Borgese fino a quando questi, sgradito al regime, fu costretto a lasciare l’insegnamento. Nell’estate del 1931 intraprese un viaggio studio in Inghilterra, dietro cui i biografi riconoscono in realtà un tentativo dei genitori per allontanarla da ‘Antonello’, come la poetessa soprannominava Cervi; il loro rapporto sentimentale diventava, infatti, fonte di un sempre crescente tormento. Motivo di conforto fu la frequentazione affettuosa di Paolo Treves, cui si aggiunse l’amicizia con il poeta Tullio Gadenz, conosciuto proprio nel 1933 quando Antonia fu costretta alla «scelta terribile» di separarsi dall’amato. Nello stesso periodo con la famiglia viaggiò nell’Italia del Sud e poi a Venezia e Vienna, mentre l’anno seguente effettuò una crociera nel Mediterraneo. Pozzi viveva ancora momenti spensierati in occasione dei soggiorni in montagna, dove effettuava escursioni e scalate al seguito degli alpinisti più famosi dell’epoca, come Guido Rey, autore del libro Il tempo che torna (Torino 1929) che aveva appassionato la scrittrice. A partire dal 1934 frequentò le lezioni universitarie di Antonio Banfi, subentrato nella cattedra di estetica a Borgese, ed entrò in contatto con il folto gruppo di allievi che gravitavano intorno a lui in questi anni e che poi svolsero un ruolo di primo piano nella vita culturale italiana. Si laureò nel novembre del 1935 e collaborò con la rivista, in cui comparve nel 1938 un suo saggio su Aldous Huxley. Si legò profondamente soprattutto a Formaggio, Sereni e Cantoni: l’amicizia con quest’ultimo si approfondì fino a che Antonia non immaginò la realizzazione di un secondo amore, ma le sue aspettative furono deluse. Ispirata da questa vicenda, progettò un romanzo, di cui compose solo due capitoli (Abbozzo di un romanzo, poi in Diari e altri scritti, 2008, pp. 57-63). Ulteriore motivo di sconforto le derivò in questo periodo dai giudizi poco lusinghieri circa le sue poesie ricevuti da Enzo Paci e dalla scarsa attenzione che a esse riservò Banfi. Dopo aver conseguito la laurea, si dedicò ad attività sportive e viaggi: nel 1936 soggiornò a Misurina dove effettuò alcune scalate con l’alpinista Emilio Comici (cui dedicò due liriche) e nel periodo estivo trascorse due mesi in Austria per seguire un corso di lingua e letteratura tedesca, mentre l’anno successivo visitò Berlino e alcune capitali europee. Nel 1937 la conoscenza e la frequentazione di Formaggio sembrarono imprimere una svolta nella vita della Pozzi e inaugurare una nuova stagione poetica, poiché con lui cominciò a frequentare le periferie e gli ambienti popolari. Nella stessa direzione di un’apertura al reale si può interpretare il progetto di un romanzo storico sulla Lombardia incentrato sulla figura della nonna materna, concepito in questo periodo e mai attuato. Nel 1938 ottenne un incarico di insegnamento di materie letterarie presso l’istituto Schiaparelli di Milano. In questo periodo dovette separarsi dalla famiglia Treves, costretta a emigrare a causa delle leggi razziali, mentre vide naufragare la speranza che la relazione con Formaggio maturasse in un rapporto sentimentale. Il 3 dicembre 1938 fu trovata agonizzante presso Chiaravalle, luogo prediletto in cui aveva scelto di morire dopo aver assunto una forte dose di barbiturici. Tranne il saggio su Huxley, Eyeless in Gaza (in Vita giovanile, I (1938), 9, poi, da ultimo, in Diari e altri scritti, 2008, pp. 65-73), tutti gli scritti di Pozzi sono stati pubblicati postumi. L’opera più importante è la raccolta delle liriche, Parole, che comprende circa trecento poesie composte tra il 1929 e il 1938. Il corpus attraversò una peculiare vicenda editoriale: primo curatore ne fu nel 1939 il padre Roberto che, spinto probabilmente dal desiderio di proteggere la memoria della figlia soprattutto in relazione al rapporto con Cervi, intervenne pesantemente sui testi con tagli e interpolazioni: questo primo volume, edito in forma privata presso Mondadori in complessivi 300 esemplari, conteneva solo 91 poesie ed ebbe circolazione ridottissima; seguirono altre edizioni progressivamente ampliate nel 1943 (2ª ed., Milano, 157 poesie), nel 1948 (3ª ed., con prefaz. di E. Montale, Milano, 159 poesie) e nel 1964 (4ª ed., sempre con prefaz. di E. Montale, Milano, 176 poesie). Successivamente, Onorina Dino e Alessandra Cenni hanno dato alle stampe tutte le opere dell’autrice, ripristinando laddove possibile le lezioni originarie dei manoscritti, ma hanno proceduto anch’esse distillando gli inediti: l’edizione di Parole uscita per Garzanti (Milano 1989) comprendeva 248 liriche, mentre la successiva del 1998 (Milano) ne racchiudeva 289; gli ultimi 32 testi sono comparsi nel volume A. Pozzi, Poesia, mi confesso con te (Milano 2004), curato solo dalla Dino, che nel frattempo aveva preso le distanze dalla biografia romanzata pubblicata per Rizzoli da A. Cenni, In riva alla vita: storia di A. P. poetessa (Milano 2002). Sempre per interessamento del padre della scrittrice fu pubblicata anche la tesi di laurea, Flaubert. La formazione letteraria (1830-1856) (Milano 1940), con premessa di A. Banfi. Prezioso valore documentario rivestono le lettere (L’età delle parole è finita: lettere 1923-1938, a cura di A. Cenni – O. Dino, Milano 2002) nonché i diari (Diari e altri scritti, a cura di O. Dino, Milano 2008). A Pasturo si conserva anche un prezioso archivio di 2800 foto, connotate da una profonda consonanza con le liriche (per cui si rimanda ad A. Pozzi, Nelle immagini l’anima: antologia fotografica, a cura di L. Pellegatta – O. Dino, Milano 2007)
[ Enciclopedia Teccani]