“Il sabato del villaggio” di Giacomo Leopardi

Composta nel settembre 1829, con il numero XXV, fa parte del ciclo pisano-recanatese dei Canti e rappresenta il simbolo dell’attesa della festa e della felicità nella vita. Leopardi prende spunto da questa rappresentazione della realtà per fare una riflessione sulla vita e, in particolare, sulla giovinezza. Recanati, il borgo in cui vive Leopardi, è al centro di questa riflessione poetica e diviene  un microcosmo rappresentativo di quanto avviene ovunque, una condizione universale propria dell’uomo a cui la vita riserva solo speranze deluse. Nonostante il pessimismo di fondo,  nell’insieme la lirica esprime leggerezza e semplicità e mi riporta a un’infanzia fatta di piccole cose: chi di noi non ha percorso sentieri di campagna, ripetendo a mo’ di sottofondo la storia della donzelletta, icona di un sospiro di quieta beatitudine? Per questo e mille altri motivi,  ho voluto dare il benvenuto al mese di agosto con un piccolo sorriso di speranza e un augurio di serenità.

La donzelletta vien dalla campagna,
in sul calar del sole,
col suo fascio dell’erba, e reca in mano
un mazzolin di rose e di viole,
onde, siccome suole,
ornare ella si appresta
dimani, al dí di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro lá dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch’ebbe compagni dell’etá piú bella.
Giá tutta l’aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
giú da’ colli e da’ tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dá segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e lá saltando,
fanno un lieto romore:
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dí del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l’altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s’affretta, e s’adopra
di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba.

Questo di sette è il piú gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier fará ritorno.

Garzoncello scherzoso,
cotesta etá fiorita
è come un giorno d’allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo’; ma la tua festa
ch’anco tardi a venir non ti sia grave.
Giacomo Leopardi

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Rivista culturale on line creata e diretta da Maria Rosaria Teni. Abbraccia diverse prospettive in ambito culturale, occupandosi di letteratura, studi filosofici, storico-artistici, ricerche scientifiche, attualità e informazioni varie sul mondo contemporaneo. Dedica particolare attenzione alla poesia ed alla narrativa, proponendo testi, brevi saggi, dissertazioni, racconti, riflessioni, interviste e recensioni.
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