“Si può ben desiderare e volere che una più larga parte della nostra vita si avvicini alla poesia, com’è per alcuni popoli nordici. che la poesia ci accompagni, con la sua leggerezza, nella fatica di ogni giorno, e salga con noi le scale dell’officina, con noi percorra i solchi del campo, cammini col passo dell’uomo che cammina”
Franco Fortini
Prendo spunto da queste parole per condividere con voi una poesia tratta da Foglio di via, primo organico libro di poesia di Fortini, pubblicato nel 1946. Un libro “isolato”, come definito dall’autore negli anni della maturità, perché scisso tra le ragioni del canto e quelle della realtà bellica. Il perno intorno a cui ruotano queste liriche è infatti la Seconda guerra mondiale, l’evento che segna irrimediabilmente la biografia e la coscienza, poetica e intellettuale, del soldato prima e dell’esule poi. Le diverse anime della poesia fortiniana sono qui già tutte presenti: lo scontro diretto con gli eventi storici; l’elegia d’amore e l’introspezione lirica; il riuso manierista e allegorico delle forme della tradizione. (1)
Varsavia 1944
E dopo verranno da te ancora una volta
A contarti a insegnarti a mentirti
E dopo verranno uomini senza cuore
A urlare forte libertà e giustizia.
Ma tu ricorda popolo ucciso mio
Libertà è quella che i santi scolpiscono sempre
Per i deserti nelle caverne in se stessi
Statua d’Adamo faticosamente.
Giustizia è quella che nel poeta sorride
Bianca vendetta di grazia sulla morte
Le mie parole che non ti danno pane
Le mie parole per le pupille dei figli.
Franco Fortini
Foglio di via e altri versi raccoglie testi scritti dal 1938 al 1945, un arco cronologico segnato da uno degli eventi collettivi più tragici della storia contemporanea: la Seconda guerra mondiale. La maggioranza delle poesie fu composta negli anni di guerra, quando il soldato Fortini, chiamato alle armi nel luglio del 1941, fu prima di stanza a Milano, poi, dopo l’Armistizio dell’8 settembre, in fuga nella Svizzera neutrale, definita dallo stesso Fortini un «rifugio della libertà». Pubblicata insieme a Varsavia 1939 sull’«Avvenire dei Lavoratori» e ad essa strettamente legata per la continuità dei riferimenti narrati, la poesia è una meditazione sulle sorti di un popolo che, dopo l’invasione e l’istituzione di ghetti e campi di concentramento, tenta la ribellione; nel contempo, però, la chiusura è dedicata a una riflessione sul ruolo del poeta e sulla funzione della poesia in una comunità in lotta. Probabilmente, gli eventi che hanno rappresentato l’occasione di questi versi sono le rivolte degli ebrei contro il ghetto e il campo di concentramento presenti nella capitalepolacca, in particolare quella dell’agosto 1944.
