IL PUNTO DI VISTA – “Trump e dintorni” di Mariantonietta Valzano


"Il punto di vista" di Mariantonietta Valzano

“Il punto di vista” di Mariantonietta Valzano

Questo articolo necessita di una premessa.

Stiamo vivendo i postumi della avvenuta globalizzazione. La grande promessa di benessere che ci è stata venduta è stata ampiamente tradita, non abbiamo né benessere né vi è una evoluzione sociale e culturale verso una forma superiore di civiltà. Viviamo in un’epoca in cui lo stato sociale si è sfaldato. Ci sono i ricchi e i poveri. In mezzo i sopravvissuti. Quando ci fu prospettata la globalizzazione ci era stato detto che un libero scambio di merci e una libera circolazione di persone avrebbe permesso uno sviluppo sia dell’economia che della cultura da cui tutte le popolazioni avrebbero tratto vantaggio. Bene non è stato così. Si è assistito ad una selvaggia delocalizzazione delle fabbriche e delle sedi produzione che non ha danneggiato solo i lavoratori, ma anche la piccola e media impresa, gli artigiani e i mestieri che in generale sono dovuti soccombere alla produzione in quantità invece che in qualità. Le tasse si sono spostate dalla produzione alla fonte alla vendita al dettaglio. Si sono colonizzati paesi con un fittizio mercato che produce ma non acquista perché non ne possiede i capitali. Dall’altro lato si sono distrutti paesi in cui sono spariti i mercati su cui piazzare le merci, poiché mancano i danari per acquistarli.

Miopia pura?

Per me sì.

Per chi ha costituito e organizzato fin nei dettagli questa situazione no.

Le regole della globalizzazione sono cambiate in corsa. Si sono concessi agevolazioni fiscali a chi portava fuori le fabbriche e assumeva personale del luogo con salari talvolta pari al costo di una bolletta della luce dei paesi di provenienza, dove nel frattempo la disoccupazione o meglio la sottoccupazione ha dilagato facendo un bel numero di prigionieri. Poi si è preteso di vendere i prodotti proprio a chi non li produceva più.

E con cosa comprare?

Così si sono parzialmente reintrodotti alcuni stabilimenti e si è proceduto ad assumere senza le tutele e con una condizione salariale inferiore rispetto al precedente. Per far questo sono state distorte anche le regole dell’immigrazione che ormai è a dir poco incontrollata e disperata. Si sono create sacche di bisogni in itinere dove non si è garantita una adeguata integrazione, a tal proposito rammento solo che gli emigranti italiani ovunque siano andati volevano e perseguivano come scopo l’assimilazione ai diritti degli indigeni imparando a convivere con grandi difficoltà. Ma gli italiani, gli spagnoli, gli irlandesi si sono integrati e in alcuni casi hanno potuto anche ricoprire incarichi importanti e diventare persone di successo, facendo leva sulla forza con cui hanno imparato la lingua le tradizioni e hanno rispettato il paese che non era più un paese che ospitava, ma un paese che accoglieva e promuoveva. Questa condizione che Bauman contrappone all’inclusione è stato il motore di una economia e di una società che non aveva fallito nel suo intento di crescita, perché integrando dal latino “inter agere’’ cioè agire insieme, si crea. Insieme si conoscono le proprie potenzialità e si promuovono interessi comuni. Non ci si sente diversi nel senso di estranei, ma si è diversi perché si apportano contributi differenti ad una stessa causa, senza perdere in alcun modo la propria identità.

È una evoluzione l’integrazione.

È un movimento l’integrazione.

Ma non vi è stata alcuna integrazione delle masse migratorie che si sono spostate negli ultimi anni. Masse di persone disperate che non sanno che troveranno una realtà che non è quella agognata….

 L’inclusione ‘’in – claudere’’- chiudere dentro – le ha depositate come sacche che stagnano in una condizione di rabbia fino all’esplosione. Non vi sono state messe risorse per favorire lo sviluppo delle potenzialità ma solo lo sfruttamento della forza lavoro con cui si è abbassato lo stato sociale. Sono stati ‘chiusi’, costretti a sentirsi diversi, estranei alla realtà che andavano arricchendo per qualcun altro.

Chi?

Non certo la classe media.

Adesso analizziamo il fenomeno Trump.

In realtà non è un fenomeno. Ha detto bene il giornalista Rampini: l’America ad un certo punto si è resa conto che tra New York e Los Angeles non vi era il deserto, ma ci sono le persone. Quelle persone che pur avendo votato democratico per tanto tempo hanno visto i loro eletti infischiarsene degli elettori. Sono stati traditi. Si sono sentiti privati dei loro diritti, diventati privilegi per chi è arrivato ad ingrossare le file degli schiavi che producono. Sono stati licenziati da fabbriche e poi riassunti con il contentino di una paga di otto dollari l’ora a fronte dei 32.

E allora?

Trump come ha fatto?

Semplice ha detto loro ciò che volevano sentirsi dire. Li ha guardati. Li ha compresi. Ha fatto ciò per cui non è: li ha difesi!!!!!

Come può governare un Tycoon?

Non può.

Ne è assolutamente consapevole, basta guardare l’incontro con Obama in cui sembrava dicesse a se stesso ‘e adesso?’.

E adesso si metterà a mediare come hanno fatto tutti. Dato che ha promesso posti di lavoro, indebiterà lo stato, avvalendosi anche dell’aiuto cinese e russo con cui intrattiene ottimi rapporti.  In questo modo costruirà infrastrutture e servizi in perfetto stile keynesiano. Il dollaro svaluterà e sommergerà l’euro sotto la presunzione e la protervia di un’ Europa miope e stanca che non sa dove andare.

 Tutto per ottemperare agli obblighi di chi ce l’ha messo.

Quella lunga mano che governa il mondo, cavalcando il cavallo vincente ogni volta per perseguire i propri interessi. Quella lunga mano che fa fallire e risorgere Stati per guadagnare sulla testa di chi non ha che la fame.

Trump e la sua bellissima moglie, che non ha nessuna voglia di fare la first lady…giustamente, non si trasferiranno alla Casa Bianca, hanno un grattacelo!!!!

E allora vogliamo pretendere che chi non vuol cambiar casa possa sapere cosa succede in quella …Casa?

Mariantonietta Valzano