27 GENNAIO – PER RICORDARE: “Non solo memoria ma progettualità propositiva per il futuro” di Gabriella Petrelli

Era il 27 Gennaio del 1945. Gli eserciti alleati stavano attraversando l’Europa per liberarla dal dominio nazifascista. Gli anglo-americani erano sbarcati nel Giugno del 1944 in Normandia e stavano percorrendo la Francia per giungere da ovest ai confini tedeschi, mentre i sovietici marciavano verso quello orientale, aprendo i cancelli del campo di concentramento più tristemente famoso: Auschwitz. La scena che si presenta allo sguardo attonito dei soldati è, a dir poco, raccapricciante: ammucchiati accanto ai cadaveri uomini e donne ancora vivi ma ridotti allo stremo. I soldati sono costretti a compiere un atto impietoso: bruciare i cadaveri per salvare coloro che ancora sono in vita. Molti dei sopravvissuti non riusciranno a giungere a destinazione. Tra coloro che si salveranno, dopo una dolorosa elaborazione, alcuni non reggeranno al peso del dramma vissuto e si toglieranno la vita. Lo scrittore Primo Levi fu l’illustre vittima di questo dramma. L’umanità ha raggiunto l’acme della crudeltà, gli aspetti più oscuri e feroci si sono palesati  nei campi di concentramento dove qualcuno ha parlato dell’assenza di Dio .Ma come si è giunti a tutto questo? Quali sono le cause storiche che hanno generato tale follia? La storiografia contemporanea ritiene che esse vadano cercate nella crisi politica ed economica che seguì la conclusione della prima guerra mondiale. Il trattato di Versailles è riconosciuto come una delle cause che preludono allo scoppio del secondo conflitto mondiale. In quel trattato, infatti, si evidenzia la scelta di Inghilterra e Francia di punire la sconfitta Germania imponendole un enorme debito di guerra e severe restrizioni economiche e militari. Queste restrizioni provocheranno un progressivo indebolimento del paese, reso più grave da una classe politica incapace di dare stabilità per risolvere la difficile condizione in cui si trova lo stato. Ciò che riesce a portare sollievo in questa grave situazione è l’aiuto economico e finanziario degli Stati Uniti. Il clima internazionale sembra più disteso, ma l’illusione dura poco. La crisi economica mondiale del 1929 che colpisce in primo luogo l’America, blocca i finanziamenti alla Germania. Il popolo tedesco è costretto a vivere una delle peggiori crisi economiche della sua storia, che ha come conseguenza il chiudersi delle fabbriche e l’aumento incontrollato del fenomeno inflattivo. Il marco perde progressivamente valore e non può più essere utilizzato come moneta. La crisi economica e politica fa esplodere la rabbia ed il malcontento sociale. Che cosa cerca allora il popolo tedesco per porre rimedio a questa drammatica situazione? L’uomo forte, capace di risollevare le sorti del paese, e lo trova purtroppo in Hitler e nei folli progetti da lui elaborati a partire dal1923. Il futuro fondatore del nazionalsocialismo tentò di realizzare a Monaco una sorta di colpo di stato che terminò con il suo arresto. In carcere egli scrisse il Mein Kampf, dove veniva esaltata la razza tedesca attraverso il mito del volk (il popolo) capace di ricondurre la Germania alle glorie dell’impero. Secondo lui la razza ariana a cui apparteneva il popolo tedesco era la razza pura per eccellenza, superiore a tutte le altre, ed essa sola avrebbe dovuto trionfare in Europa, escludendo ogni altra razza. Gli ebrei, soprattutto, erano da considerarsi “impuri” e causa di tutti i mali tedeschi. La concezione teorica della persecuzione antiebraica era quindi già in nuce in quest’opera. Conquistato il potere, Hitler la realizzerà concretamente a partire dal 1935, con le tristemente famose “leggi di Norimberga” che sancivano l’esclusione dalla vita pubblica degli ebrei, e negli anni successivi con la deportazione e con l’annientamento totale, la cosiddetta soluzione finale. La follia di questo dittatore includeva nello sterminio anche altri esseri  umani considerati inferiori, come zingari, omosessuali e disabili. Occorre tuttavia osservare che le teorie razziali che Hitler fece proprie erano già diffuse nella cultura tedesca e in generale in Europa. La Francia con Gabineau (Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane) e l’Inghilterra con Schumpeter avevano teorizzato su basi pseudoscientifiche la superiorità della razza ariana e quindi la disuguaglianza dei popoli. Hitler esasperò, portandole fino alle estreme conseguenze, queste teorie. Egli si proponeva di far rinascere il grande impero tedesco, e la sua potenza sarebbe stata più grande se tutti gli elementi impuri al suo interno fossero stati eliminati. Il suo sodale e fedele seguace Mussolini non fu da meno emanando nel 1938 le “leggi razziali”. E così l’Europa illuminista, creatrice della cultura scientifica e tecnologica, culla del pensiero occidentale si trovò a vivere il periodo più buio della sua storia. Taluni autori, come ad esempio il sociologo Bauman, considerano l’0locausto e tutta l’organizzazione scientifica e burocratica dei campi di sterminio come una manifestazione della modernità che utilizza gli strumenti tecnologici per sopprimere i propri simili. L’apice della crudeltà è stato raggiunto nel ventesimo secolo: ma oggi siamo immuni dai germi del razzismo e della violenza? Dalle informazioni che ci giungono dai media sembrerebbe proprio di no. Siamo nel Gennaio del 2022 e alcune adolescenti denigrano ed insultano un ragazzino ebreo; coppie omosessuali vengono aggredite senza nessun motivo, solo per le loro libere scelte; esseri umani considerati in qualche modo “diversi” per molteplici motivi subiscono violenza o vengono uccisi; gruppi politici o ritenuti tali inneggiano alla violenza del passato, rifiutando la libera dialettica democratica in cui ciascuno esprime la propria idea senza timore di violenza. Come insegnante, e soprattutto come docente di storia, amo ricordare ai miei alunni e a me stessa che la memoria dei crimini del passato è essenziale ma non è sufficiente. Occorre che tutti noi e soprattutto le nuove generazioni coltivino attraverso la memoria la consapevolezza di una progettualità differente, che tenda al rispetto ed alla dignità dell’uomo. In assenza di questo siamo destinati a ritornare prima o poi nel silenzio e nelle ceneri di Auschwitz.

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Rivista culturale on line creata e diretta da Maria Rosaria Teni. Abbraccia diverse prospettive in ambito culturale, occupandosi di letteratura, studi filosofici, storico-artistici, ricerche scientifiche, attualità e informazioni varie sul mondo contemporaneo. Dedica particolare attenzione alla poesia ed alla narrativa, proponendo testi, brevi saggi, dissertazioni, racconti, riflessioni, interviste e recensioni.
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