“Consigli per lettura – Aprile” a cura di Mariantonietta Valzano


Gentili lettori e lettrici, parliamo di Leonardo Sciascia.
Ovviamente il nostro colloquiale “parliamo’’ non è assolutamente esaustivo per un tal tipo di autore, ma proprio perché la sua grandezza era ed è così consistente da assurgere a una universalità letteraria, ci possiamo permettere di parlare semplicemente, in quanto da noi è lontana anni luce l’ipotesi di una valutazione.

Leonardo Sciascia fa parte di quegli autori che con una semplice pagina, scorrevole e sintetica, è in grado di descrivere l’essere umano e le sue vicende in modo non solo pertinente e coerente, ma con la profondità e la delicatezza di chi attraversa questo mondo osservando e comprendendone l’anima. Oggi proporre una pubblicazione che non contempli almeno trecento pagine fa sorridere gli editori più sprovveduti.

Bene,  il nostro Sciascia ne è assolutamente scevro e non solo.

Come lui stesso ammette nella prefazione de ‘Il giorno della civetta’: “ […]ho impiegato addirittura un anno, da un’estate all’altra, per far più corto questo racconto… ma il risultato cui questo lavoro di cavare voleva giungere era rivolto più che a dare misura, essenzialità e ritmo al racconto, a parare le eventuali e possibili intolleranze di coloro, che dalla mia rappresentazione, potessero ritenersi più o meno direttamente colpiti. Perché in Italia, si sa, non si può scherzare né coi santi né coi fanti: figuriamoci se, invece che scherzare, si vuol fare sul serio”.

Da queste poche righe già si ricavano tre importanti informazioni per chi si voglia accostare alle sue opere:

  1. Essenzialità – la compiutezza dei romanzi si fonda su descrizioni parche di ridondanze, concretezza del linguaggio, sintesi dei concetti che proprio nell’esiguità delle parole vanno a colpire e imprimere in modo indelebile il lettore che, volentieri, torna a rileggere e rileggere frasi che in sé celano e mostrano allo stesso tempo evidenti verità.
  2. La rappresentazione della realtà va sempre a colpire chi, in modo onesto o disonesto, è attore principale della realtà medesima e ne tira le fila.
  3. L’Italia è rimasta essenzialmente come cinquant’anni fa.

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A ciascuno il suoth

th1La scomparsa di Majorana

Questi sono i tre titoli che propongo di leggere.
Il primo ci concede il privilegio di assistere a un confronto tra due uomini ‘d’onore’, in cui il significato opposto dell’appellativo consente loro di esprimere rispetto per l’avversario.
Cosa che ora come ora potete con franchezza asserire che avvenga?
Non è che vaghiamo tra un vacuo quanto deleterio buonismo e uno sferzante giudizio gratuito che mediaticamente si consuma ogni giorno?
Il capitano Bellodi è un grande esempio di ‘uomo’, qualità che gli viene pubblicamente riconosciuta da don Mariano Arena, che ha ben presente cosa sia un uomo e quanto valore abbia, tanto da darne una spiegazione che spiazza il lettore che ne assorbe l’entità.

Il secondo ci mostra come l’ingenuità dell’onestà sia la causa che porta all’evanescenza dell’azione dell’uomo, che rettamente e correttamente si propone di scoprire la verità. Il professor Laurana, ahimè ‘cretino’ come viene malamente colpito dall’epiteto finale di don LuigiCorvaia, è l’esempio di come a distanza di mezzo secolo le situazioni politico – socio – economico -…criminali non abbiano subito sostanziali mutamenti. Purtroppo nonostante il sacrificio di tanti eroi che hanno combattuto per lo Stato, esso non ripaga pertinentemente tale sacrificio. La scaltrezza della gestione dell’indagine è l’unica salvezza per chi vuol giungere al porto in cui la giustizia sia sovrana ed equa. Forse, come nella prefazione riportata, Italo Calvino ha colto il senso della trama di questa nostra realtà malata, solo che oggi possiamo asserire che “… l’impossibilità del romanzo giallo nell’ambiente siciliano” si estende all’ambiente italiano.

Il terzo è un saggio sulla scomparsa del Prof. Ettore Majorana. Non vi è da aggiungere o da spiegare, c’è solo da porsi una domanda:

«Perché un fisico, anzi …il fisico che ha postulato scoperte, prima di coloro che ne sono giunti a compimento, è sparito senza lasciar traccia?».

Infine aggiungo una riflessione che nell’opera trova coscienza e ne stravolge quella di chi legge in merito alla costruzione della bomba atomica che fu lanciata in Giappone: “Furono liberi coloro che non la fecero. Schiavi coloro che la fecero.”
Pensate voi a chi si riferisce Sciascia.
Buona lettura a tutti.
Mariantonietta Valzano