Intensa e pur breve, la poesia epigrammatica di Roberto Luzi diventa incisiva e folgora in un istantaneo flusso di pensiero che medita e si innalza. Tra i generi letterari della poesia l’epigramma, insieme all’epica, è quello che può vantare la storia più lunga (quasi tremila anni!) e che ha avuto notevole fortuna in molte epoche. Il poeta, avendo a disposizione pochi versi, deve esprimere ciò che ha da dire in modo veloce e nitido, deve mirare, cioè, a colpire il lettore con poche frasi. La brevità, come sua conseguenza, ha portato spesso gli autori di epigrammi, già nell’antichità, a concentrare il loro pensiero in modo sempre più asciutto, fino ad arrivare a vere e proprie sentenze lapidarie, argute e fulminanti. I Latini dicevano appunto che l’epigramma doveva avere “un fulmine alla fine”. L’ultimo o gli ultimi due versi di un epigramma, che in genere tende a non superare i sei versi, sono insomma la parte più incisiva e significativa del componimento, nonché la più curata dall’autore. In questo genere si innestano le due poesie presentate da Luzi caratterizzate non solo dalla brevità ma anche da un’icasticità personale e particolarmente efficace. [M.R.Teni]
In questa notte di risurrezione
ho trovato l’ immortalita’
di un pensiero.
Mi aggrapperò alla candida
purezza di un sogno
a cui non appartengo.
Roberto Luzi

ph mrt
Roberto Luzi, nato a Recanati il 15 marzo 1976 scrive poesie fin da quando aveva 8 anni e ha partecipato a diverse rassegne in ambito locale e nazionale.