
“Il punto di vista” di Mariantonietta Valzano
Il 25 Aprile arriva ogni anno puntuale come da calendario, con il suo carico di contraddizioni politiche, di populismo e di serio ricordo di un momento in cui il tempo della storia ha concesso il suo riscatto, grazie al sacrificio di tanti, molti dei quali nel silenzio dell’anonimato, per molti anni se non per tutta la vita.
Non solo si deve ricordare la liberazione dal nazifascismo miope, scellerato e disumano, ma si deve imparare a riconoscerne i semi per far in modo che non attecchiscano mai più nei terreni fertili di scontento sociale e difficoltà economiche.
Il periodo che va dall’8 settembre del ‘43, data dell’Armistizio di Cassibile, al 25 aprile del ‘45, liberazione di Milano da parte degli Alleati e dei Partigiani, è stato un periodo di guerra civile combattuta con il sogno degli ideali di giustizia e libertà martoriati dal ventennio dittatoriale e da una guerra insensata come tutte le guerre di aggressione. Troppi morti lasciati sul campo dilaniati e torturati dagli occupanti nazisti e fascisti collaborazionisti, tantissimi gli eroi: uomini e donne, civili e militari, che non si sono piegati all’aggressore salvando frotte di ebrei (e non solo) destinati alla deportazione mentre difendevano e guadagnavano terreno di una Patria lacerata dal sangue e dall’odio.
In questo rammentiamo le persone che si sono unite per un obiettivo comune, tralasciando le differenze ideologiche e mettendo al primo posto la dignità, la libertà… la vita. Persone pacifiche contadini, operai agricoltori, letterati, maestri, gente comune che mai avrebbero pensato in vita loro di abbracciare un fucile e che grazie al loro coraggio, grazie alla loro RESISTENZA all’oppressore noi oggi siamo qui a godere i benefici di una democrazia che non sempre apprezziamo e spesso offendiamo con la superficialità di chi non se l’è guadagnata. E non dobbiamo dimenticare i militari reduci da campagne scellerate (Russia – Africa) mandati a morire, delusi per aver creduto in ideali che poi sono stati traditi e sostituiti da altri pseudo ideali inculcati a dovere. Militari che hanno pagato con la vita la non obbedienza al nazifascismo.
Tuttavia, il dramma della Seconda Guerra Mondiale non è stato digerito dagli italiani che ancora oggi si affastellano in commenti e giudizi di lana caprina nei meandri di un revisionismo storico privo di critica costruttiva, oppure oppongono alle camere a gas le foibe, quando non sono affatto eventi opposti ma frutto di radici maligne che afferiscono allo stesso terreno anche se il colore sembra diverso.
Qualcuno storcerà il naso ma la pulizia etnica, lo sterminio di una razza, i campi di concentramento, le torture, la persecuzione di chi la pensa in altro modo rispetto all’establishment, anche se perpetrati da regimi comunisti o fascisti, sono comunque frutto marcio di quel male che si annida nella pretesa di Superpotenza di un io malato. Questo veleno del lato oscuro di colui che conduce e sa tutto…. e sistema tutto, propugnando disgrazie e grazie ad un popolo che comunque è sempre stremato da crisi economiche e disoccupazioni sociali, porta sempre al baratro, non lo dico io ma la Storia (vedi epilogo delle varie dittature fasciste sudamericane o regimi comunisti euro/asiatici). Posso anche aggiungere che tali considerazioni si adattano benissimo anche a più contemporanei regimi di stampo pseudo-religioso totalitario (le ultime esperienze ci conducono alla costituzione dello Stato Islamico ISIS e alle sue disumani barbarie).
E… come sempre la Storia insegna da millenni, c’è sempre una generazione che si oppone, persone che lottano per la libertà e che lasciano sul piatto la propria vita.
In Italia ci sono stati molti che hanno contribuito a liberarci dal dramma umano costato 10 milioni di terrestri, molti non solo italiani che hanno combattuto per valori che oggi si danno troppo per scontati: democrazia, giustizia, libertà.
Peccato che a distanza di 76 anni ancora non siamo pacificati.
Non abbiamo avuto un percorso di accettazione né “del prima “né “del dopo”.
Il prima: il fallimento del fascismo, le storture di un pensiero megalomane totalitario del culto della personalità, Il disfacimento dovuto alla miopia di seguire i sogni di gloria di un tempo passato, condito con la stoltezza di chi vuole guadagnare un posto nella storia (prassi che hanno offuscato il senso sociale ella cultura dei fasci a cui dovrebbe attingere l’ideologia fascista tout court).
Il dopo: le vendette cieche e senza senso perpetrate da parte di alcuni esponenti dei partigiani (che per certi aspetti hanno tradito proprio quell’ideale di giustizia per cui hanno combattuto). Uccisioni che perlopiù sono state consumate impunemente, per non disturbare quella labile coscienza nazionale che a tutt’oggi non c’è. Vendette che hanno finito, nella loro tragicità e nella loro inutile sommarietà, di inficiare gli stessi valori per cui si è lottato (Vedi il triangolo rosso in Emilia). A tutto questo si aggiungono stragi dovute alla semplice …quanto inutile… malvagità della ritirata nazista, come Sant’Anna di Stazzema, eventi che sono stati chiusi in un armadio di ferro faccia al muro per decenni, per non disturbare gli equilibri di Yalta: che ha finito per assumere la facciata di un’altra esibizione di potere e di subdola guerra di spie.
Tutto ciò non è mai stato affrontato, mai studiato, se non con brevi paragrafi in libri di storia talvolta troppo frettolosi. Pertanto, fino ad oggi una giornata in cui si celebra la Liberazione è solo un giorno in cui non si va al lavoro e generalmente il pretesto per un ponte in cui andare a visitare un altro paese (se non fossimo in covid-time ci sarebbero frotte di turisti accalcati negli aeroporti come è stato sempre d’uso).
Forse quest’anno di pandemia ci può dare il pretesto di ripensare al nostro passato, un motivo per effettuare una CRITICA STORICO – POLITICO – SOCIALE e iniziare a costruire un tempo diverso, finalmente con un popolo pacificato e unito, in un paese con quasi 120.000 persone strappate da un virus maledetto che ancora non è sazio e dove si fatica a trovare la ragione di appartenenza in una misera guerra tra poveri.
Mariantonietta Valzano