Eri dritta e felice
sulla porta che il vento
apriva alla campagna.
Intrisa di luce
stavi ferma nel giorno,
al tempo delle vespe d’oro
quando al sambuco
si fanno dolci le midolla.
Allora s’andava scalzi
per i fossi, si misurava l’ardore
del sole dalle impronte
lasciate sui sassi.
Leonardo Sinisgalli
Leonardo Sinisgalli, poeta (Montemurro 1908 – Roma 1981). Laureato in ingegneria, lavorò per la grande industria (Olivetti, Pirelli, ecc.); fondò e diresse, fino al 1958, la rivista Civiltà delle macchine (1953–79) e una rivista di design, La botte e il violino (1964–66). La sua lirica, che si riconnette alle esperienze e al gusto dell’ermetismo (tra le molte raccolte: Poesie, 1938; Campi Elisi, 1939; Vidi le Muse, 1943; La vigna vecchia, 1952; L’età della luna, 1962; Il passero e il lebbroso, 1970; Mosche in bottiglia, 1975; Dimenticatoio, 1978), appare modulata su due toni prevalenti: uno epigrammatico, che traspone in un denso analogismo ogni motivo autobiografico; l’altro elegiaco, che riammette quell’autobiografia come trama di ricordi, sogni e rimpianti dell’infanzia perduta, con cadenze narrativo-prosaiche. Tono, questo, che nelle prose di Fiori pari fiori dispari (1945) e Belliboschi (1949), poi riunite in Prose di memoria e d’invenzione (1964), ha trovato soluzioni di singolare freschezza. S. ha approfondito costantemente la sua esperienza di prosatore (I martedì colorati, 1967; Il tempietto, 1971), legata in particolar modo a temi e ragionamenti fondamentalmente scientifici dai quali traggono alimento altri felici volumi (dal giovanile Quaderno di geometria, 1936 a Furor mathematicus del 1950, ristampato nel 1967 con altri scritti, a Calcoli e fandonie del 1970).