III
Sola fra miei pensier sovente i’ seggio,
E gli occhi gravi a lagrimar m’inchino,
Quand’ecco, in mezzo al pianto, a me vicino
Improvviso apparir il figlio i’ veggio.
Egli scherza, io lo guato, e in lui vagheggio
Gli usati vezzi e ‘i volto alabastrino;
Ma come certa son del suo destino,
Non credo agli occhi, e palpito, ed ondeggio.
Ed or la mano stendo, or la ritiro,
E accendersi e tremar mi sento il petto
Finché il sangue agitato al cor rifugge.
La dolce visione allor sen fugge;
E senza ch’abbia dell’error diletto,
La mia perdita vera ognor sospiro.
Eleonora de Fonseca Pimentel (1752-1799) nacque a Roma il 13 gennaio del 1752 in una nobile e colta famiglia portoghese ,ma si stabilì ben presto a Napoli, dove ricevette un’educazione dotta ed accurata.
A venticinque anni andò in sposa a Pasquale Tria de Solis, un ufficiale dell’esercito napoletano del quale restò vedova nel 1795; dalla loro unione nacque un bambino che morì a soli due anni. A lui la Pimentel dedicò cinque sonetti, il più famoso dei quali è Sola fra i miei pensier sovente i’ seggio in cui, con accenti toccanti, espresse il suo dolore di madre per la straziante perdita. Poetessa di grande valore, tanto da essere ammessa nel 1768 nell’Accademia dei Filateti con il nome di Epolnifenora Olcesamante, e poi a quella dell’Arcadia col nome di Altidora Esperetusa, a sedici anni già conosceva il latino e il greco e componeva versi; studiosa di scienze matematiche e fisiche, di filosofia, economia e diritto pubblico, scrisse sull’abolizione della chinea e contro il feudalesimo, ed espose persino progetti di riforme economiche. Maturava intanto in lei l’interesse per la politica fino ad aderire attivamente alle idee repubblicane e giacobine. Per il suo attivismo politico venne arrestata nell’ottobre del 1798 ma, con l’arrivo a Napoli dei francesi, tre mesi dopo riconquistò la libertà. Durante la breve ma esaltante esperienza della Repubblica Napoletana, che insieme a pochi altri contribuì a far nascere, si occupò della redazione del periodico ufficiale “Il Monitore della Repubblica napolitana una ed indivisibile”, uscito da febbraio a giugno del 1799, e scritto quasi interamente da lei. Ed è proprio questo il primo giornale che vara l'”editoriale”, poi adottato da tutte le altre testate. Il precipitare degli eventi nella Francia rivoluzionaria e la decapitazione di Maria Antonietta rendono la Corte napoletana guardinga nei confronti degli intellettuali illuministi: viene introdotto il reato di opinione, sono condotte numerose perquisizioni e cadono, per mano del boia, i primi giacobini. Nell’ottobre 1798, con l’accusa di leggere libri proibiti e tenere presso la propria dimora riunioni sedizione, Eleonora venne arrestata e condotta nel carcere della Vicaria da dove cercò di far pervenire al diplomatico portoghese Don Giuseppe Agostino de Souza una lettera di aiuto che, intercettata, fu causa non poco imbarazzo alla corte di Lisbona (poi costretta a scusarsi ufficialmente con quella di Napoli). Liberata alla fine del dicembre del 1798, quando la famiglia reale incalzata dalle truppe di Championnet fuggì da Napoli, sarà tra le protagoniste della conquista del Castel Sant’Elmo (19 gennaio del 1799) e prenderà parte al “Ballo dei francesi alla certosa di San Martino” occasione durante la quale pare abbia declamato il sonetto Inno alla libertà (non pervenuto). La marchesa de Fonseca Pimentel diventa “la cittadina Fonseca” e prende in mano le redini del «Monitore Napoletano» giornale in quattro pagine che uscirà due volta alla settimana nell’arco ininterrotto di cinque mesi dal 2 febbraio 1799 all’8 giugno dello stesso anno. Eleonora è una direttrice equilibrata e al giornale, che in alcuni casi non risparmierà critiche nemmeno ai francesi, collaborano i maggiori intellettuali del tempo: Pagano, Cirillo, Carafa. Il 7 febbraio comincia dalla Sicilia la marcia della controffensiva borbonica guidata Ruffo: l’avanzata è implacabile e a poco a poco gli alberi della libertà vengono abbattuti per far posto al vessillo sanfedista. L’8 giugno venne pubblicato l’ultimo numero del Monitore e cinque giorni dopo le truppe del cardinale Ruffo, entrarono a Napoli e nel giro di circa una settimana si impadronirono del controllo della capitale. Le clausole della resa, che fanno salva la vita ai patrioti non vengono rispettate: Eleonora è su una nave pronta a partire per la Francia quando venne catturata e condotta nuovamente nelle carceri della Vicaria dove restò in attesa del suo destino che si compirà di lì a poco nelle mani del boia. Morì impiccata a 47 anni nel 1799.
Un pensiero a questa nobile donna di forza d’animo straordinaria che rende tutte noi, donne, orgogliose e fiduciose e ci consente di attingere a lei come esempio di vita.