IN PROSA E IN POESIA : “Alfredo Bonazzi: dalla prigione alla poesia e all’attivismo sociale” di Cipriano Gentilino

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Manicomio Giudiziario

Imbrigliato – ricordi -?
tremavi in piena estate
con brividi squillanti
ai polsi, alle caviglie,
negli orologi di canapa ruvida.
Ti erano compagni di quell’orgia
-ma tu dimenticali-
i giorni di buio e raccapriccio e gli aciduli mattini
sulle labbra spaccate.
Su tutto: un sapore di fiale).
Grida!
Grida adesso vittoria
se nel tuo giorno verticale
perfida viene ancora
(ma non può farti male, ora)
l’ombra di sole di quel tuo corpo in croce.

Chi scrive è un poeta non troppo ricordato né più pubblicato. La maggior parte dei suoi scritti, infatti, li ho trovati solo in rete e in libri usati. Un scrittore e un poeta che ha suscitato il mio interesse per il suo percorso esistenziale tortuoso e drammatico esitato infine nell’approdo letterario alla poesia.
Un percorso meritevole di attenzione per il rapporto tra psicopatologia e poesia, non tanto nei termini romantici di una poesia salvifica o in quelli tecnici del valore, abbastanza discusso, della poetry-terapy quanto per il personalissimo percorso verso un compenso psicologico complesso e ricco di valori culturali, etici, spirituali e letterario, Percorso, compenso psicologico e contenuti letterari per i quali ne consiglio vivamente la lettura. 
Alfredo Bonazzi nasce ad Atripalda il 28 febbraio 1929.
Poche notizie sono rintracciabili sulla sua difficile infanzia.
A 14 anni nel corso di un bombardamento viene colpito da una scheggia che gli entra nel palato e fuoriesce dal cranio attraversando il lobo parietale con perdita di materia cerebrale come racconta lo stesso poeta in una intervista del giornalista Marino Marquardt a “ La voce della Campania “ e come vien anche riportato nel libro “ Il ragazzo di Atripalda ” redatto da Teodoro Giúttari.
La guerra segna in maniera dolorosamente incisiva lo sviluppo emotivo di Alfredo che, per essere rimasto bloccato senza via d’uscita durante un bombardamento svilupperà una tendenza alla angoscia claustrofobie e, principalmente, attiva una condotta aggressivo-rancorosa e vendicativa per lo stupro della sorella diciassettenne da parte di un gruppo di soldati nel ’44 .
Queste due ferite sono probabilmente alla base di un disturbo caratteriale epilettoide con episodi claustrofobici e di una condotta aggressivo-rancorosa che si concretizzò in attentati a soldati americani.
Da lì il passo verso il riformatorio “Serraglio” di Piazza Carlo III a Napoli fu una immediata conseguenza.
Per la mia irrequietezza dirà successivamente.
Quella “irrequietezza” che caratterizza gran parte della sua esistenza.
Una irrequietezza che si nutre della violenza appresa da adolescente e di una educazione alla delinquenza appresa in quel riformatorio dove rimase fino a 17 anni.
Una volta libero entra a far parte della mala milanese conosciuto come “il gratta” e “il napoletano” e conosce anche il carcere minorile ma l’episodio che dette una svolta drammatica alla sua esperienza delinquenziale e quindi di internato prima in manicomio giudiziario e poi in carcere fu un furto a Milano che si concluse con l’omicidio di un inerme settantacinquenne durante una rapina in una tabaccheria.
A suo dire, dalle fonti sopra citate, per una reazione violenta inappropriata ma si può ipotizzare anche un restringimento della coscienza di natura probamente epilettoide.
I mesi trascorsi in manicomio criminale, con 68 giorni consecutivi di contenzione ai quattro arti,
in attesa di una perizia psichiatrica definitiva, segnarono drammaticamente Alfredo per la crudeltà e la violenza che niente avevano anche fare con il presupposto teorico della cura.
Ne lascierà testimonianze raccapriccianti ne Il ragazzo di Atripalda – L’ergastolo azzurro redatto da Giùttari e nel libro inchiesta “ Squalificati a vita “
Il successivo percorso giudiziario sarà caratterizzato da vari trasferimenti carcerari, tentativi di fuga e tentativi suicidari che sono probabilmente espressione non solo di un rifiuto della pena costrittiva ma anche di un aspetto caratteriale della personalità che lo conduce ad agire impulsivamente piuttosto che ritrarsi nevroticamente nel dubbio e nella riflessione. Un mettere in atto, il suo, impulsivo, rancoroso e vendicativo che caratterizza il suo rapporto con la realtà sin dalle traumatiche esperienze infantili e giovanili. Una irrequietezza egocentrica ed esplosiva che non trova uno spazio e una forma per una diluizione dialettica sia con la realtà sia con l’altro da sé e sia con l’altro possibile sé almeno fino all’approdo definitivo al carcere di Porto Azzurro nell’isola d’Elba.
Qui un nuovo impiego quotidiano gli permette, con il tempo necessario, sia di incominciare a dedicarsi alla lettura sia di entrare in rapporto d’aiuto con altri carcerati.
Così si concede l’esperienza della riflessione emotiva e sperimenta i modi di esprimerla, ora che è supportata dalla riconoscenza degli altri in uno spazio interiore reso possibile da una autostima crescente.
Legge di tutto prediligendo gli scritti di Cesare Pavese e di Thomas Hardy tra la solitudine e la compassione e scrive di sé dal conoscersi al riconoscersi, del manicomio giudiziario e del carcere.
In questo contesto la poesia diventa non solo ricerca e introspezione ma anche dichiarazione meditata già lontana dagli acting-out iniziali :

Io ho l’età delle caserme occupate
degli accampamenti improvvisi
delle grandi fughe
delle rabbiose sventagliate
della rapidissima fine. ….IN NOME DEL POPOLO da Ergastolo Azzurro

e ancora

o Morte,
vieni con me
a giocare con le dita sugli occhi….
…per possedermi nudo
nell’orgasmo dell’ultimo dolore. TI ATTENDO A NOTTE ALTA da E.A.

in un riconoscersi un adulto che entra in rapporto metaforico con un rimorso mediato da una poesia ricca di fantasia e creatività

Non volevo calpestare
la lucertola nana d’agosto
….
è uscita di tana
improvvisa
e sotto la mia scarpa
ha lasciato la gioia
d’essere verde.
….
Un giorno guarderò il prato
con tanto amore
e nessuna lucertola sarà piú pazza
nella luce straziante di agosto. LA LUCERTOLA PAZZA da E.A.

fino ad una consapevolezza piena e aderente al reale

Uomini senza tempo
che dall’Ozio Azzurro
scivolano con incedere lento
all’Ozio Eterno. …ERGASTOLANI da E.A.

o ancora

Sono una canaglia
che cerca le emozioni
consumando
notti tranquille agli insetti.
….
io sento il ciclo vivente della roccia
e uso le muffe leggere
per disegnare in me i tuoi sospiri. POLVERE DEI TUOI PASSI – da Qui non ci sono nuvole

e con speranza

Poi siederò al tavolo, sotto la luce
a….. leggere poesie di Hardy,
il << mestiere di vivere >>
del ragazzo Pavese
(< che beveva stupíto il mattino »
prima che di colline
si facesse verde grano).
Ma io non so vivere,
io che respiro il sussurro gonfio
di vene umane
con la mente insonne della notte. IL FRANTOIO DELLE ORE (E.A.)

e ancora

…E quando avrò deposto
l’ombra del mio dolore
e la paura …
comincerò ad aspettarti
frugando nell’attesa
del mio sottilissimo diario le
pagine più bianche. ATTESA da QUI NON CI SONO NUVOLE

fino alla malinconica delicatezza


Siamo detenuti difficili
da quando una misera pozzanghera
ha ereditato dal cielo
voli di feconde colombe
e dalle mani di un bimbo
una barchetta di fragili sogni. SIAMO DETENUTI DIFFICILI da ANNUNCIAZIONI

approdando infine alla ricerca spirituale

Signore, ascoltami.
fa’ che sulle mie labbra fredde
io abbia caldi accenti di perdono
fa’ …
ch’io sappia, o Signore,
come l’albero di sandalo
profumare la mano della morte
prima dello schianto. da ANNUNCIAZIONI

e

Nella casa del Padre
Hai sollevato tendaggi
Per sorprendere la morte
E il sonno dell’inverno.
Dicono che piangevi
Solista d’Amore,
Con le mani crocefisse in petto
Qui sei venuto
A placare per un attimo
L’infelicità…

per tutto il mare tolto
alle conchiglie affossate.
Era un dolore nuovo, per te,
ancora da capire. da QUEL GIORNO DI UVE ROSSE

Una attività poetica che diventa nota ai più quando il poeta inizia a vincere concorsi di poesia tra il 1969 e il 1970, divenendo un caso nazionale tanto da ricevere nel 1973 la grazia per meriti letterari dall’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone. È utile ricordare che nel periodo tra gli anni ‘60 e ‘70 c’era una atmosfera culturale e un clima politico generale che inducevano la attivazione di riforme sociali. Possiamo ricordare l’introduzione del divorzio, la depenalizzazione dell’aborto, la riforma del diritto di famiglia e in psichiatria nel frattempo si attivano, in via sperimentale, attività che preparano la rivoluzione basagliana mentre nell’aprile del 69 la protesta delle Nuove a Torino rappresentò il momento centrale per l’inizio di una presa di coscienza e di una saldatura tra detenuti politicizzati e comuni per istanze di cambiamento delle condizione di detenzione. Anche per questo e in questo contesto socio-politico dopo avere ottenuto la grazia, Alfredo si impegna nella lotta civile per la chiusura dei manicomi criminali; lo fa sia con l’impegno politico a sinistra, partecipando a dibattiti, conferenze, lezioni, sia pubblicando una inchiesta ricca di testimonianze dal titolo evocativo di Squalificati a Vita peraltro già descritti in parte in L’Ergastolo Azzurro :
«Per un tafferuglio nella saletta del cinema, dove ovviamente menai le mani, mi legarono a lungo sul letto di forza e mi imbottirono di droghe calmanti. Tutt’oggi mi domando come fosse possibile – e pure è vero – che lo scopino, l’ergastolano D., avesse il potere di fare legare al letto di forza o di fare sciogliere chi voleva e quando voleva. Il medico, ché soltanto lui avrebbe dovuto avere il potere di fare legare la gente o di farla sciogliere, in sessantotto giorni di letto di forza, io lo vidi soltanto una o due volte, e sempre di sfuggita. Mi potrebbero obiettare, per smentirmi, che il medico veniva mentre io ero stato spedito nel mondo dei sogni dall’azione sedativa delle droghe che mi iniettava l’agente infermiere con la siringa. L’infame ergastolano D. picchiava le persone legate dopo avere loro gettata una coperta sul volto. Ci lasciava il bugliolo sporco per giorni interi, in un lezzo intollerabile fino a quando non si faceva l’abitudine a vivere… legati dentro la fogna» IL RAGAZZO DI ATRIPALDA – L’ERGASTOLO AZZURRO Ed. Todariana, Milano 1971, p. 170 .

Lo fà da uomo del suo tempo, socialmente partecipe con la sua poesia e la sua triste esperienza, in quella atmosfera culturale e scientifica ove si preparavano gli esordi della riforma basagliana e quindi i presupposti teorici e sperimentali del superamento futuro del manicomio criminale la cui eliminazione avvenne solo nel marzo del 2014.

BIOBLIOGRAFIA :

Alfredo Bonazzi (Atripalda, 28 febbraio 1929 – San Zeno di Cassola, 1º novembre 2015). Fu condannato all’ergastolo per un l’omicidio commesso nel 1960 Nel 1973 il Presidente della Repubblica Giovanni Leone gli concede la grazia, dopo aver passato ventotto anni della sua vita tra carcere, riformatorio e manicomio criminale[1]. Nel 1975 scrive Squalificati a vita, un’inchiesta dove denuncia la tragedia di chi si trova rinchiuso nei manicomi criminali.
Opere:
• Annunciazioni: liriche, Edizioni del Forte San Giacomo, Porto Azzurro, 1969
• Ergastolo Azzurro, Todariana, Milano, 1970
• L’infanzia di Caino, Todariana, Milano, 1972
• Quel giorno di uve rosse: Papa Giovanni dietro le sbarre, Cittadella editrice, Assisi, 1973
• Squalificati a vita: inchiesta e testimonianze sui manicomi criminali italiani, Gribaudi, 1975

AUTORE: CIPRIANO GENTILINO

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2 risposte a IN PROSA E IN POESIA : “Alfredo Bonazzi: dalla prigione alla poesia e all’attivismo sociale” di Cipriano Gentilino

  1. vengodalmare ha detto:

    Grazie per questa testimonianza

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