Molto interessante la piccola raccolta Poesie della piana di Patrizia Caffiero, che ho pubblicato interamente proprio per consentire una conoscenza completa e un approfondimento delle liriche in essa contenute. Un vago crepuscolarismo pervade quotidiani riti e oggetti di uso comune “il cassetto delle posate non si chiude come dovrebbe/ la tovaglia sbiadita da troppi lavaggi” e, nell’angolo riposto della memoria, si allineano le ombre di ricordi mai sopiti. Rivive un’atmosfera che ricorre a immagini dimesse e colloquiali, la fragilità della condizione umana, il ritorno alla dimora di un tempo perduto da rivivere nel proprio silenzio personale, intriso di significative venature di affetti. Un affresco di sentimenti semplici e puri che sono espressi da un verso che, pur mantenendo il ritmo poetico, si rivela efficace e stilisticamente elegante. [Maria Rosaria Teni]
La rivolta dell’acqua
Dalla montagna alla foce
la donna del giglio camminò
per molti anni, leggera
a dieci centimetri dai fili d’erba.
Poi, cominciò
il viaggio nel mondo a rovescio.
Ad occhi chiusi poteva toccare
Il lento odore dell’acqua.
Sotto terra, spinta giù dagli argini,
nel fondo
la marea della piana
addormentata
aspettava la pioggia battente.
“Venisse un fortunale, io sarei graziata.
Sono assai stanca di sterpaglie e foglie secche.”
L’acqua organizzava vedette di cannocchiali e d’ edera
periscopi di bambù e cannucce di gelato.
Era sempre più difficile alzare la testa
riempire il bordo del fiume.
Si stava sottocoperta, nell’abbraccio di lombrichi e conchiglie
una morte di fango e di oblio secolare
un’attesa di radici, sabbia e legnetti.
Non erano tempi, questi, per sconfinare.
La casa di luce
Quando il buio cala, ogni volta che vuoi
puoi ritornare nella dimora del tempo perduto.
Il pensile della cucina
ha sempre quel graffio vicino la maniglia
il cassetto delle posate non si chiude come dovrebbe
la tovaglia sbiadita da troppi lavaggi
è stampata con fragole
e tralci di vite.
Le care ombre
apparecchiano la tavola.
Puoi sederti
e desinare con loro
per riprendere fiato
dall’incuria del mondo.
La notte e il giorno
Ho cento rami e mille foglie
sto bene così
quando credevano che dormissi
al centro della terra
in verità da molti secoli, molto prima
del giorno del pane
pensavo, fantasticavo
aspettando l’arrivo dei coloni.
Avrebbero indossato tutti il vestito della festa
la lunga fila di cappelli sulle teste fiere
le loro donne con le braccia piene di grano
sono la luna rovesciata dentro il fiume
da sempre sono in fiamme
quando i miei ragazzi morirono mi strappai le vesti
desiderai la rivolta
gridavo irata dal fondo dei pozzi
sprangavo le porte all’arrivo dei soldati.
Non chiedere perdono alla bufera
resta stabile se puoi, dritto come un albero
non puoi resistere al disegno dell’arazzo
siamo tutti a servizio
il tuo dovere non smettere di compiere:
noi non ti scorderemo
Nel ricordo
Mi sfaldo
sfarino le parole
non vi seguo più
rovinano le pietre
lo scheletro di voci
il passato s’innalza, lo vediamo
nelle mani aperte in controluce
uno sparo, il pianoforte nel ghiaccio.
Sempreverde.
Penombra, sorpresa, vi porto dentro
tutti in fila silenziosi per l’addio
nella casa di mattoni primi novecento
questa terra la conosco
sono la sconosciuta che entra piano
con il rispetto nel fianco
i piedi sprofondano: radici, radicine
vi sento gemere: la storia da raccontare
scuote l’acero. Rabbrividisce il cielo.
Quali sono le cose da salvare?
Anche un piccolo baule è greve
per questo andare stando fermi
tesi, ad ascoltare.
Nuovi giorni
Amico, restiamo insieme a guardare
l’acino dell’uva buona caduto nella polvere
la felicità arresa
perduta per la strada
il cerchio che diventò metallo:
neppure due mani forti come l’oro
potevano riafferrare
la preda che aveva saltato il fosso
la memoria
gli anni del fiume
l’anello con la pietra che non sapevano
di possedere.
Un sorriso è l’arma
per proteggersi dalla morte di ogni cosa.
Gli uomini ricostruiranno il villaggio
spalla contro spalla, acerbi e vecchi
facendo leva con canne di bambù
nella fornace scalderanno i mattoni e i principi
del buon vivere.
La sera brinderanno con il vino dell’anno prima
la mattina ritroveranno il vigore,
crederanno nell’alba.
Patrizia Caffiero
Patrizia Caffiero, nata e vissuta a Lecce fino al 1996, si è trasferita prima a Ferrara, poi a Bologna, e dal 2006 ad Anzola dell’Emilia dove lavora al Servizio cultura del Comune. È laureata in Lettere e Filosofia (Università del Salento) con una laurea dal titolo “Pasolini e il Potere. Linee per un’interpretazione storico-politica.” S’interessa di cinema, teatro, letteratura; sperimenta diversi linguaggi e generi letterari. Ha pubblicato per Miraviglia editore, nel 2007, il romanzo “Guarda che prima o poi Dio si stancherà di te”; per Fernandel, un racconto per l’antologia “Quote rosa” (2007) e un racconto per l’antologia “Fobieril – soluzione MANIAzina” (Jar Edizioni) nel 2009. Nel 2017 è uscita la raccolta di racconti “Incredibili vite nascoste nei libri” per Musicaos editore e nel giugno 2021 la raccolta di racconti di fantascienza “Il Pianeta delle Occasioni Perdute”, Musicaos. Ha appena terminato il suo primo romanzo (una ghost story) in collaborazione con la Scuola di Scrittura Omero di Roma e collabora dal 2019 con la compagnia teatrale “Macellerie Pasolini” di Bologna diretta dal regista Ennio Ruffolo come co-drammaturga. Due sue poesie sono state selezionate nel maggio 2021 nell’ambito del Concorso “POETARE” a cura di Samuele Editore e della Scuola di Editoria (Poetare agenda e quaderno), un altro suo componimento poetico è stato pubblicato sulla rivista Euterpe – Rivista di poesia e critica letteraria” (n. 33) nel luglio 2021.
Pingback: “Poesie della piana” di Patrizia Caffiero – alessandriaonline
L’ha ripubblicato su prima della pioggiae ha commentato:
Cinque mie poesie sulla rivista “CULTURAOLTRE”
ringrazio di cuore Maria Rosaria Teni
"Mi piace"Piace a 1 persona